TUTTI I PREMI DELLA 31a EDIZIONE![]() Chiude i battenti (con la promessa solenne di rivedersi l'anno prossimo) la 31a edizione del FESCAAAL, il Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina. Il festival come di consueto comprendeva tre sezioni competitive, Finestre sul mondo, con lungometraggi provenienti dai tre continenti, i Cortometraggi africani e Extr'a, dedicato ad opere di autori italiani girate in Italia e all'estero e dedicate ai temi della multiculturalità, delle migrazioni, ecc. Molto ecumenico il giudizio della Giuria Ufficiale, composta da Mario Brenta e Karine de Villers (Presidenti), Sonia Bergamasco e Prasanna Vithanage, che dovendo assegnare il premio Città di Milano per la sezione Finestre sul Mondo ha scelto di attribuire due primi posti ex-aequo e due menzioni speciali. Una di queste ultime è stata assegnata a Nous, étudiants! di Rafiki Fariala (Repubblica Centrafricana, Francia, Repubblica Democratica del Congo, Arabia Saudita), spaccato tra spontaneità e documentarismo della condizione degli studenti universitari nella RCA, tra povertà, lavoretti per mantenersi agli studi, denuncia della corruzione negli atenei (specchio di quella più ampia di tutta la società) e speranze nel cambiamento e nel futuro. Idea forse più adatta per un corto o mediometraggio, ma colpisce che il regista non abbia potuto essere presente al festival per i problemi avuti dopo la proiezione del suo film a Bangui. Evidentemente la sua denuncia ha colpito nel segno. Meritatissima la seconda sezione a Freda di Gessica Généus (Haiti, Francia, Benin), a parere di chi scrive forse il film più bello tra quelli in concorso. Curiosamente presenta qualche analogia con il precedente, anche se stavolta il linguaggio adottato è quello della fiction (ma con qualche sequenza di disordini presa dal vero): anche qui la protagonista è una studentessa universitaria, rappresentante in prima persona dell'insofferenza dei giovani haitiani di fronte ad una società corrotta che lascia loro intravedere poche speranze per il futuro. Personaggi tutti ben disegnati e credibili, temi politici, sfondo sociale rappresentato con acume ed efficacia, grande fluidità, naturalezza e vitalità della narrazione (tutt'altro che ingenua), interpreti perfettamente adeguati. Si dividono il premio principale altri due ritratti femminili, provenienti dall'America Latina e dal Maghreb. Il primo è Amparo, di Simón Mesa Soto (Colombia, Svezia, Qatar) , dove una donna, nella Colombia squassata dalle lotte intestine, lotta ostinatamente e con il tempo contato per salvare il proprio fragile figlio adolescente dall'arruolamento forzato e dal suo invio in zona di guerra. Meccanismo narrativo e pedinamento in stile Dardenne, con la protagonista inseguita nei suoi lucidamente disperati pellegrinaggi; il regista tenta di convertire in stile l'uso di attori non professionisti, ma a volte lo sforzo si fa avvertibile nell'impassibilità dei personaggi e in una certa uniformità di tono della narrazione. Analogia anche tra i film premiati ex-aequo: anche Soula di Salah Issaad (Algeria, Francia, Qatar, Arabia Saudita) infatti si svolge in un arco di tempo ristretto (14 ore), seguendo la propria antieroina, una ragazza madre scacciata dai genitori, ma tutt'altro che sprovveduta, lungo le strade di un'Algeria inaspettata, tra una gioventù dedita alla prostituzione, all'alcol, alla droga e alle feste da sballo. Il finale tragico è inventato, ma la storia è vera e l'interprete è la stessa che ha vissuto la vicenda nella vita reale. Il regista si autoimpone un limite narrativo-stilistico, obbligandosi a non allontanare mai la macchina da presa dagli abitacoli o dagli immediati dintorni delle varie vetture in cui, o nei cui pressi, si dipana la vicenda. A volte la scelta può sembrare un po' forzata, ma il tour de force stilistico possiede una propria efficacia e i dialoghi e le vicende sono verosimili e credibili. Il pubblico ha preferito invece un film decisamente più convenzionale indicando El arbol rojo, road movie, ambientato anch'esso (come Amparo) nella Colombia degli anni 90, che racconta la conoscenza, la solidarietà e l'affetto che si forma tra uno strano terzetto di viaggiatori composto da un uomo in età che scopre improvvisamente di avere un'inaspettata sorellina e di un giovane aspirante pugile. La Giuria Giornalisti italiani, composta quest’anno da Paolo Baldini (presidente), Andrea Chimento e Sara Manisera, ha assegnato, invece, il Premio per il Miglior cortometraggio africano e il Premio per il Miglior Film del Concorso Extr’a. Nella sezione cortometraggi (leggete qui la mia rassegna completa) ineccepibile il primo premio assegnato a Will My Parents Come to See Me di Mo Harawe (Somalia, Austria, Germania), dolente e doloroso racconto delle ultime ore di un condannato a morte in Somalia. Uno sguardo sobrio, apparentemente impassibile, sia quando inquadra il protagonista in primo piano sia quando cerca una distanza di rispetto dai personaggi e dagli avvenimenti. Ma è in realtà un cinema umanistico e tutt'altro che impietoso, sostenuto da una limpidezza di sguardo eccezionale, che restituisce non uno ma, inaspettatamente, due ritratti umani impregnati di dolore e di solitudine. Ottima anche la scelta di Astel di Ramata-Toulaye Sy| (Senegal, Francia) per la prima delle due menzioni speciali. La maturazione (che non porta però a maggiore indipendenza, ma al contrario ad una riduzione degli spazi di azione e di libertà) di una ragazzina dedita alla pastorizia in un isolato villaggio del Senegal viene raccontato nell'arco di pochi giorni condensati in pochi minuti di narrazione, con efficacia, naturalezza e quasi senza bisogno di parole. Ancora due giovanissime al centro di Chitana di Amel Guellaty (Tunisia, Qatar, Norvegia), dove due bimbe si allontanano dalla casa materna per un'avventura nel bosco. Una fiaba in cui si mescolano avventura e paura, scoperta e smarrimento. Il corto è piaciuto anche alla giuria del Premio Multimedia San Paolo/Telenova. Un altro bambino, raccontato nel momento del distacco dalla propria casa, dalla propria madre, dal proprio Paese e dalla propria infanzia, per seguire in padre emigrato in Francia, è al centro del corto Le départ di Saïd Hamich (Marocco, Francia), bello pur con qualche acerbità, cui è stato assegnato il premio Cinit. Una scelta abbastanza radicale invece quella degli studenti che hanno assegnato il premio del MiWY (MiWorld Young Film Festival, festival nel festival molto opportunamente dedicato al mondo della scuola), che hanno scelto un'opera dura nel tema e innovativa nella forma come il cortometraggio Angle mort (Tunisia, Francia), storia di un uomo torturato e ucciso in carcere, ma mantenuto “in vita” dall'apparato statale di Ben Ali, che per nascondere i propri misfatti lo processerà e lo condannerà post mortem. Una storia vera raccontata da Lofti Achour con un'animazione aspra che trasfigura il realismo fotografico. Docenti e pubblico scolastico hanno premiato inoltre per il suo valore pedagogico e interculturale Neighbours, di Mano Khalil (Kurdistan, Svizzera), già pluripremiato in altri festival.
Nel concorso Extr'a trionfa invece Mother Lode di Matteo Tortone (Italia, Francia, Svizzera), cui la giuria ha riconosciuto una “straordinaria maturità narrativa e stilistica” per raccontare di “un viaggio in Sud America carico di simbolismi e suggestioni”; “una vera e propria lezione di (grande) cinema, un’esperienza multisensoriale valorizzata da un bianco e nero di grande fascino”. Due menzioni speciali assegnate anche in questo caso: ad Amuka di Antonio Spanò (Congo, Belgio, Italia) e a Rue Garibaldi, di Federico Francioni (Italia, Francia). Leggi la rassegna critica di Into the Wonderland:
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Mauro CaronAppassionato di cinema da sempre, in maniera non accademica. Amo il cinema d'autore, ma quello che spero sempre, accingendomi a guardare un film, è di divertirmi ed emozionarmi, e poi di avere di che riflettere. Dal 2002 collaboro regolarmente con la bellissima rivista "Segnocinema"; ho pubblicato anche articoli di cinema su "Confini", sul sito "Fuorischermo", e nel volume collettivo "Tranen" dedicato a cinema e deportazione. Categorie
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