THE BATMAN di Matt ReevesNelle saghe cinematografiche (e in caso particolare nei reboot, come in questo caso), molto del gradimento nella ricezione da parte del pubblico, e in particolare dei fan, dipende dall'equilibrio che si riesce a conseguire tra canone e innovazione. Per non scontentare lo zoccolo duro dei seguaci più puristi, devono infatti essere rispettati i caratteri essenziali del personaggio, della tipologia di ambientazioni, dei personaggi secondari (aiutanti, antagonisti, partner di avventura e/o sentimentali, ecc.) e delle “regole” che disciplinano l'universo finzionale. Ma, nello stesso tempo, devono essere inseriti degli elementi innovativi che scongiurino il pericolo di ripetitività e di assuefazione da parte degli spettatori. Quest'ultimo aspetto è particolarmente importante (come qualunque showrunner di serie televisive sa bene) quando gli episodi filmici siano molteplici (come nelle serie, che si sviluppano spesso in più stagioni) e distribuiti in un lungo arco di anni, com'è il caso del personaggio di Batman. A mio parere il film di Matt Reeves raggiunge un accettabile compromesso tra i due elementi: in The Batman c'è il personaggio principale con la sua iconografia ormai consolidata, ci sono i personaggi di aiuto o alleati (il maggiordomo Alfred, il commissario Gordon, la sexy amica-nemica Catwoman), ci sono i principali nemici storici (l'Enigmista, il Pinguino, il Joker in un cameo), c'è la classica ambientazione (una Gotham City in cui si mescola l'architettura newyorkese e il neogotico, lo squallido Arkham Asylum), ci sono i gadget batmaniani (la bat-caverna – con tanto di pipistrelli, la bat-mobile, il bat-richiamo), e così via; e ci sono anche le grandi tematiche (il tormento del personaggio, diviso tra vendetta e giustizia, il tema della maschera e del doppio, la specularità deviante tra l'eroe positivo e gli antagonisti). L’innovazione ha invece aspetti più problematici, dovendosi misurare con un prodotto narrativo transmediale già oggetto di innumerevoli reboot, spin off, variazioni sul tema. Tra le varie scelte possibili, The Batman si inserisce decisamente nell'evoluzione che conduce dal personaggio originale e naïf creato alla fine degli anni ‘30 da Bob Kane alla variante problematica e “politica” della graphic novel Il cavaliere oscuro, di Frank Miller, e ai toni sempre più cupi assunti dal personaggio (e dai suoi nemici) nei film girati da Cristopher Nolan, che all’opera di Miller direttamente si ispirano. Da Nolan e Fincher derivano certi aspetti narrativi, figurativi e “atmosferici”, con un Cavaliere Oscuro che diventa detective oltre che giustiziere, in una sorta di incrocio tra Sherlock Holmes e Seven. Se la parte di detection costituisce la parte più debole del film (le soluzioni che “il più grande detective del mondo” dà ai macabri indovinelli dell’Enigmista non sono sempre così limpide, e, se si guarda con un minimo di distacco, i sopralluoghi dell’eroe sulle scene del crimine, mentre si aggira legnoso dentro un ingombrante costume da pipistrello, sono piuttosto grottesche), è d’altra parte anche una delle novità principali del film, in cui il superhero movie si sposa al crime. Batman combatte stavolta da una parte contro l’Enigmista, autore di alcuni efferati e scenografici delitti, ma anche contro la più prosaica mafia italo-americana, alleata e collusa con le principali istituzioni di Gotham City, dal procuratore distrettuale ai dirigenti di polizia fino allo stesso Sindaco. Si aggrovigliano così diverse linee narrative: da una parte l’esigenza di interpretare gli indizi beffardi dell’Enigmista per prevenire ulteriori crimini; dall’altra l’indagine tra mafia e istituzioni, tra talpe, doppi giochi e la scoperta di una corruzione di proporzioni inimmaginabili; da un’altra ancora il lato più propriamente action con lotte, inseguimenti, fino all’apoteosi dello scontro finale in un contesto quasi apocalittico. Il tutto disseminato di ulteriori sottotrame, dove molti sono in cerca di giustizia o di vendetta, come gli stessi antagonisti principali (Selina Kyle, alias Catwoman, è addirittura impegnata in una vendetta plurima); e dove l’indagine di Bruce Wayne sulla corruzione lo porterà a scoperte assai poco edificanti sulla propria famiglia, “sporcando” perfino l’elegiaca immagine dei suoi genitori che qualsiasi lettore o spettatore di Batman ha sempre avuto. In un film dalla durata fluviale di tre ore, d’altra parte, prestiti, rimandi e riferimenti ad altri film sono innumerevoli, e la sceneggiatura stessa si impone una notevole e poco motivata torsione facendo scivolare l’Enigmista dal ruolo di giustiziere e di fustigatore della corruzione, qual è stato per tutto il film, sia pur con metodi poco ortodossi, a quello del pazzo terrorista che vuole distruggere la città, ponendo le condizioni per un finale spettacolare e apocalittico. Apocalittico e insieme politico: mentre si profila, dopo una punizione quasi biblica, una problematica palingenesi per l’umanità di Gotham, è lo stesso Batman a maturare un cambiamento, in mezzo alle macerie e alle vittime, scoprendo una vocazione umanista che dovrebbe temperare quella di inesorabile giustiziere o addirittura quella di vendicatore. In effetti, politicamente The Batman è un film molto problematico: dando un seguito alla rappresentazione del rancore e dell'esplosiva rabbia sociale vista nel Joker di Phillips, raramente il cinema d’intrattenimento aveva espresso una così cupa sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero difendere il vivere civile e democratico: sindaci, giudici, tutori dell’ordine, (quasi) tutti sono marci, corrotti da vizi privati e da collusioni con la peggiore criminalità. Alla cupezza ideologica e morale (Pattinson, il cui volto senza maschera si vede in realtà pochissimo, non sorride mai e ha gli occhi anneriti da occhiaie profonde a indicare il suo tormento interiore) si sposa quella visiva, in un film che inizia nella notte di Halloween, tra derelitti criminali mascherati, e che si svolge quasi totalmente in notturna, in esterni pieni di buio e di pioggia, o in interni altrettanto poco illuminati fotografati da Greig Fraser, che ha già firmato le luci di Dune. The Batman è infatti in definitiva un noir, dove gli elementi fantastici sono ridotti al minimo (la presenza di un paio di personaggi mascherati, la tuta antiproiettile di Batman e i suoi accessori), a favore di un sostanziale realismo incupito e stilizzato, dove ad esempio il Pinguino è solo il soprannome di un mafioso corpulento e goffo dalla faccia deturpata dalle cicatrici. In Italia la classificazione del film è +6 (negli Usa +13), ma sconsiglierei di portarci i bambini, a meno che non gli abbiate già fatto vedere film come Seven o simili, perché il personaggio dell’Enigmista è davvero inquietante, il finale catastrofico piuttosto angosciante e le scene del prologo, in cui si aspetta insieme ai criminali di turno che il vendicatore-pipistrello emerga dalle tenebre, fanno veramente paura, anche nel caso in cui aveste la coscienza pulita (e d’altra parte chi ce l’ha veramente? considerato che Batman terrorizza anche dei writers, che nella scala del crimine feroce non si collocano esattamente ai primissimi posti). Efficaci le scelte di cast: Robert Pattinson nasconde per la maggior parte del tempo il viso emaciato e i capelli spettinati sotto l'elmo con le orecchiette a punta; Zoe Kravitz è piccola, scattante e sexy quanto basta per una donna-gatto; Turturro da bravo italo-americano finisce nel ruolo del capo-mafia; Paul Dano ha già dimostrato in Prisoners di avere una faccia sufficientemente inquietante per interpretare l'Enigmista; Colin Farrell è assolutamente irriconoscibile sotto il mascherone del Pinguino mentre all'opposto Andrew Serkis (il Gollum de Il signore degli anelli e il Cesare de Il pianeta delle scimmie) si spoglia di ogni mascheratura e della gestualità animalesca che l'hanno reso famoso per interpretare l'impettito Alfred. Personaggi principali alla fine (quasi) tutti vivi e già pronti per il sequel. D’altra parte, come dice uno dei personaggi stessi del film, “questa città ama i ritorni”.
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Mauro CaronAppassionato di cinema da sempre, in maniera non accademica. Amo il cinema d'autore, ma quello che spero sempre, accingendomi a guardare un film, è di divertirmi ed emozionarmi, e poi di avere di che riflettere. Dal 2002 collaboro regolarmente con la bellissima rivista "Segnocinema"; ho pubblicato anche articoli di cinema su "Confini", sul sito "Fuorischermo", e nel volume collettivo "Tranen" dedicato a cinema e deportazione. Categorie
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