Quindi nell'orribile anno 2020 ho visto complessivamente poco più di 120 film (tra cinema, piattaforme e canali in chiaro), di cui 16 erano ri- o re-visioni, oltre ad alcuni cortometraggi e a qualche serie tv. Qualche fa 120 erano mediamente i film che vedevo solo in sala, in genere novità e inediti. Ma i tempi cambiano (e ovviamente anche noi). Se non ho sbagliato i conti o dimenticato qualcosa, ho visto 48 dei film usciti in Italia da gennaio a dicembre 2020, in sala o sulle piattaforme. Di questi una quarantina li ho recensiti su Into the Wonderland e/o su SegnoCinema. E adesso tentiamo di tirare un bilancio. Non sono mai stato capace di fare le classifiche secche o di dare voti definitivi, per cui farò così: un volo d'uccello sulla maggior parte dei film visti quest'anno, divisi arbitrariamente per gruppi non omogenei. N.B.: nella colonna di destra che sarebbe dedicata alle categorie trovate, più o meno in ordine alfabetico i link alle recensioni estese della maggior parte dei film citati. Le serie Non amo le serie, diciamolo subito. Ho tentato di vederne diverse, in questo periodo di segregazione più o meno volontaria, e in genere non mi prendevano. Non dirò quelle che ho visto e abbandonato alla prima o seconda puntata, per non farmi dei nemici (ce ne sono di molto famose e amate). Se proprio devo, alle serie poi preferisco le miniserie. Quella che ci ha catturato, che ho visto per intero e con soddisfazione è LA REGINA DEGLI SCACCHI (Netflix). Altre due le ho viste quest'anno perché sono state trasmesse per la prima volta in chiaro: la quarta stagione di GOMORRA (in chiaro su TV8), che malgrado un po' di mono-tonia (in senso letterale) regge bene alla distanza. Ma il capolavoro assoluto è indiscutibilmente secondo me, e non solo, è CHERNOBYL, del 2019, trasmessa in chiaro da La7 nel 2020. Italiani Dei 18 film italiani visti, non ce n'è nessuno che mi abbia convinto al cento per cento. I tentativi storico-biografici, da Craxi (HAMMAMET) alla giovane MISS MARX a Ligabue (VOLEVO NASCONDERMI), al terrorismo anni '70 (PADRENOSTRO) non mi hanno entusiasmato. De Matteo fa un passo falso con il moralistico VILLETTA CON OSPITI, Emma Dante (LE SORELLE MACALUSO) non mi convince, Checco Zalone non fa ridere con TOLO TOLO, Muccino fallisce con GLI ANNI PIU' BELLI nel tentativo di rifare e aggiornare C'eravamo tanto amati, IL TALENTO DEL CALABRONE perde malamente l'occasione per fare del cinema di genere all'altezza della concorrenza internazionale, FIGLI si perde e fa perdere in un bicchier d'acqua. A giudicare da questa annata e dai film che ho visto io qualche impaccio nel leggere la propria storia e la realtà contemporanea c'è. L'INCREDIBILE STORIA DELL'ISOLA DELLE ROSE racconta la storia di un audace sognatore, ma poi non sa esattamente cosa dargli da sognare, mentre LA CONCESSIONE DEL TELEFONO è un coraggioso tentativo di dare forma cinematografica all'intraducibile (ed esilarante) romanzo di Camilleri. Alla fine a reggere meglio è il cinema all'italiana, all'interno delle dinamiche di coppia e di famiglie borghesi. MAGARI è un piccolo promettente esordio, LACCI è meno peggio di quanto mi aspettassi, COSA SARA' affronta temi importanti ed è un film più doloroso del previsto da vedere tra un lockdown e l'altro. Se dovessi eleggere il film italiano dell'anno, con qualche ritrosia indicherei FAVOLACCE, più per il progetto estetico complessivo che per l'effettiva realizzazione (la visione del film mi ha talvolta irritato, a cominciare dal sonoro inascoltabile). Gli altri Ci sono film da vedere, film che si possono perdere, e film che non saprei. Tra i blockbuster, 1917 mi è sembrato un esercizio di stile piuttosto inutile (per quanto stupefacente) e TENET è programmaticamente troppo complicato. BOMBSHELL punta tutto sul richiamo delle tre dive in cartellone, ma è troppo leccato per portare un reale contributo alla causa femminile e IL DIRITTO DI POPPORSI troppo convenzionale e datato per la causa razziale. Non male MA RAINEY'S BLACK BOTTOM, ma soffocato dalla sua natura teatrale. Tra white trash e black lives, Howard scontenta molti con la sua ELEGIA AMERICANA, ma peggio fa Spike Lee, che dopo l'ottimo Blackkklansman toppa clamorosamente con il bruttissimo DA 5 BLOODS. DIAMANTI GREZZI non è male, ma un po' troppo programmatico, mentre HONEY BOY sembra un po' una seduta di psicoanalisi per Shia LeBeouf. Tra gli americani l'oggetto più bizzarro è STO PENSANDO DI FINIRLA QUI, un progetto intrigante (con una narrazione deragliante un po' come in Madre!), che però non entra tra i miei preferiti a causa di un twist finale che mi ha lasciato più di una perplessità. Passando al cinema all'europea ma partendo dal Canada, Dolan ormai non è più un enfant e forse neppure un prodige, e continua a girare tra i suoi ragazzi ribollenti di desiderio (MATTHIAS E MAXIME). Il belga DOPPIO SOSPETTO è stato un grande successo in patria ma non mi ha fatto grande impressione. Ci sono un altro paio di film da cinefili, che non mi hanno conquistato: I MISERABILI (forse dovrei rivederlo in lingua originale per vedere se perde quella patina di naturalismo artefatto) e ROUBAIX, che dovrebbe essere un film concentratissimo e invece perde un po' l'equilibrio tra i personaggi e tra la prima e la seconda parte. Ci aggiungo in extremis anche UNDINE, in cui l'equilibrio tra fiaba nordica e melodramma è ricercato con modalità un po' teutoniche. Tra gli horror LIGHTHOUSE cerca di conciliare (senza riuscirci, ma il progetto visivo è notevole) minimalismo (di ambientazione, personaggi, sviluppo) e massimalismo (di temi, visioni, ecc.); più equilibrato è forse HIS HOUSE col suo più dimesso impasto orror-sociologico. Altrove Quest'anno è saltato il Festival del Cinema Africano, d'Asia e d'America di Milano e tutte le rassegne dai festival, che permettevano di gettare un'occhiata sulle cinematografie “altre” del mondo. Tra i film distribuiti al cinema, interessanti due film firmati da donne e provenienti dai continenti asiatico e africano, anche per il tentativo di adottare toni non necessariamente tragici per affrontare il discorso della condizione femminili in situazioni e Paesi ostili: l'arabo LA CANDIDATA IDEALE e il tunisino UN DIVANO A TUNISI. Più lontano ancora ci porta IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE, un noir cinese visivamente elegante e narrativamente stilizzato. Dimenticavo MEMORIES OF MURDER, che avevo cercato e visto in dvd parecchi anni fa, dopo il colpo di fulmine di The Host, visto fortunosamente in un festival. Che dire? Ormai Bong Joon-ho è stato consacrato addirittura con l'Oscar, e ormai non ha più senso vantarsi di essere uno dei suoi pochi fan. E Zodiac è arrivato dopo. I miei preferiti
Herzog invecchia ma non demorde. In tre mesi o pressapoco sono usciti tre suoi film. Io ho visto NOMAD, che riperocrre i percorsi paralleli e a volte convergenti suoi e di Bruce Chatwin. Non riesco inoltre a non provare una forte simpatia per un altro outsider, il progetto situazionista di BORAT e il suo SEGUITO DI FILM CINEMA, malgrado la sgangheratezza del film che a volte mi ha messo a disagio per il suo uso strumentale di materiali decisamente infimi. Un altro film programmato come il precedente per uscire a ridosso delle elezioni presidenziali americane, è IL PROCESSO AI CHICAGO 7, efficace e dialettico film politico su un processo politico nell'America della contestazione. All'opposto di Borat, è cinema “carino” ma che merita affetto ON THE ROCKS della Coppola; come Lost in Translation: c'è Bill Murray, ma purtroppo manca la Johansson. Un altro film del genere "carino" (ma con qualche crudezza; con la Johansson; con umorismo, e con Sam Rockwell nel ruolo di un altro dei suoi idioti sublimi: insomma parecchia roba) è JO JO RABBIT. MANK, paradossalmente, essendo un film parlatissimo, in cui la sceneggiatura ha un ruolo importantissimo fuori e dentro il film, mi ha colpito soprattutto per il fulgore visivo, nel suo smagliante bianco e nero. Altra storia americana, quella raccontata in RICHARD JEWELL. Non amo particolarmente Eastwood, e anche questo suo ultimo eroe civile è profondamente ambiguo dal punto di vista ideologico, ma il film tiene e ci sono due dei miei beniamini, Rockwell e Hauser. C'è poi il caso Lanthimos. Due suoi “vecchi” film sono usciti in Italia solo quest'anno. Mi ha impressionato in particolare KYNODONTAS (DOGTOOTH), col suo impasto di sociologia distopica e di mito greco. Benché non così originale come appare (vedi il messicano El castillo de la pureza, del 1972), insieme ad ALPS (uscito e visto anch'esso quest'anno) e a Il sacrificio del cervo sacro. forma un impressionante trittico sulla famiglia, che porta nella contemporaneità echi della tragedia classica. Ma se dovessi indicare un titolo, un solo titolo per tutto l'intera annata cinematografica, ecco quello che indicherei: SORRY, WE MISSED YOU, uscito nei primissimi giorni dell'anno. Che dire? Loach è ormai sull'ottantina (forse è questo l'elemento positivo) e insieme al suo sceneggiatore Laverty continua solitario, imperterrito, a fare il suo cinema politico (nel senso più positivo del termine), militante (nel senso di una Resistenza che non abbassa mai la guardia), umanista, necessario. Quello che meglio racconta gli uomini e le donne del nostro presente e la società contemporanea, chi siamo e dove stiamo andando. In direzione ostinata e contraria, a volte con un po' di foga retorica; ma stavolta no. Premio Into the Wonderland 2020.
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Mauro CaronAppassionato di cinema da sempre, in maniera non accademica. Amo il cinema d'autore, ma quello che spero sempre, accingendomi a guardare un film, è di divertirmi ed emozionarmi, e poi di avere di che riflettere. Dal 2002 collaboro regolarmente con la bellissima rivista "Segnocinema"; ho pubblicato anche articoli di cinema su "Confini", sul sito "Fuorischermo", e nel volume collettivo "Tranen" dedicato a cinema e deportazione. Categorie
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