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BLOG NOTES

IL JAZZ AL CENTRO, LA CITTA' AI MARGINI

11/12/2018

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JAZZMI 2018: La città intorno - Focus Chiaravalle e Corvetto:
​CONNECTIONS PROJECT, SGRIOB, THE KITCHEN SWING BAND, BLACK BEAT MOVEMENT

Nei giorni scorsi siamo stati a Londra, cosicché di Jazzmi abbiamo acchiappato solo l’ultimo week-end. Trovo che Jazzmi (come alcune altra manifestazioni del Rinascimento milanese) sia una manifestazione stupenda. Non solo offre la possibilità di ascoltare le grandi star del panorama jazz internazionale - tra conferme, scoperte e riscoperte – di conoscere nuovi artisti, di poter partecipare a molti concerti gratuiti di validi musicisti, di constatare ancora una volta di quante inesauribili sfumature sia composto il colore del jazz, di poter frequentare molti incontri conoscitivi e formativi, ma anche di scoprire dei luoghi e degli aspetti inediti dell’area metropolitana in cui viviamo.
Ne è un esempio l’itinerario “La città intorno – Focus Chiaravalle e Corvetto”, che ci ha portato sabato 10 novembre a visitare la periferia sud-Milano, che conoscevamo solo per la presenza dell’abbazia medievale di Chiaravalle. E’ stato una nuova occasione per innamorarsi ancora di più di una città – che ha vissuto periodi grigi e chiusi di sostanziale stasi, malgrado l’euforia tutta esteriore degli anni ’80 – che cresce non solo in altezza e in centro, con i nuovi centri direzionali e residenziali dell’Isola o di City Life, ma anche in orizzontale e ai margini.
Abbiamo così scoperto Casa Chiaravalle, il più grande bene immobiliare confiscato alla malavita organizzata in Lombardia, dal maggio scorso recuperato come centro di accoglienza per donne italiane e straniere vittime di violenza, con relativi figli e nuclei famigliari; il mulino di Chiaravalle, accanto all’abbazia, ben restaurato e sede di attività educative e formative; l’anguriera di Chiaravalle, nel borgo, accanto ad un circolo Arci, un’ex-palestra contornata di grandi finestre ad arco, oggi oggetto di un progetto che ne farà un centro culturale ed espositivo; e infine la Cascina Casottello, recuperata, riaperta ad aprile di quest’anno dopo un restauro da 400.000 milioni finanziato anche da Fondazione Cariplo, e destinata a diventare un centro polivalente e multiculturale.
E’ davvero un piacere constatare che a fianco della città dei commerci e degli eventi, dell’Expo e della candidatura olimpica, cresca anche una città apparentemente periferica – facile oggetto di abbandono per un’amministrazione pubblica - dove la cultura e la socialità possano svilupparsi dal basso e in un’ottica di accoglienza e di inclusività e dove il patrimonio immobiliare che costituisce la memoria del territorio non venga lasciato deperire o scomparire.
Non che pensi che sia un percorso facile o senza problemi, ma l’impressione è che l’attuale amministrazione milanese in prima persona ci stia seriamente provando, con l’impegno pubblico, la partecipazione del privato e delle forze del volontariato e del terzo settore, e con un positivo sforzo di iniziativa e di progettualità sociale ed etica.
Detto questo, Jazzmi è (anche – soprattutto?) musica. Tento quindi di raccontare le mie impressioni; non sono un musicista né un esperto musicale, quindi le mie sono, nel bene e nel male, opinioni del tutto profane e discutibili, da amatore di buona volontà.
A Casa Chiaravalle, insieme ad un uditorio attento e concentrato, abbiamo ascoltato il Connections Project (Luca Rampinini | sassofono, Yiğit Özatalay | piano, Fabio Marconi | chitarra), formazione che getta un ideale ponte musicale tra le sponde del Bosforo e quelle della Darsena: una musica preziosa e rarefatta, con echi di gabbiani, di tango, di sonorità metropolitane mescolate a canzoni popolari turche, tra omaggi a Milano, a Istanbul, ad Ataturk (padre della Turchia laica e moderna oggi messa a repentaglio nell’era di Erdogan) e a Rita Marcotulli.
Sotto le travi a vista del mulino di Chiaravalle, in un’atmosfera un po’ rurale un po’ garage, si sono esibiti gli Sgriob (Giorgio Galimberti | chitarra, Alex Crocetta | tastiere, Pietro Campana | basso, Edoardo Tura | batteria). Bergamaschi, giovanissimi (non tutti raggiungono i vent’anni), pieni di passione e di voglia di suonare. Tutto il gruppo funziona, Giorgio ha la stoffa naturale del front man e Alex ha una sua decisa personalità nelle improvvisazioni alla tastiera. Malgrado la giovanissima età, sono abbastanza sicuri di sé da inserire piccole citazioni ironiche o azzardare elaborati assolo. Pat Metheny (cui hanno dedicato il brano Pat Pat nel loro primo album), la fusion, un paio di brani cantati che riecheggiano Jamiroquai, e alla fine un appassionato omaggio al Pino-nero-a-metà-Daniele, con un ambizioso assolo del basso di Pietro. La voce di Giorgio è più funky che blues, ma si sente che l’omaggio è sincero e sentito. Auguriamo agli Sgriob di fare strada – e che sia musicale. Pubblico caloroso.
In un certo senso più facile la via scelta da The Kitchen Swing Band, un’orchestra nata nell’ambito di un’associazione di ballo swing e lindy hop. Il quintetto alessandrino (Mara Panico | voce,  Alberto Gandin | chitarra, Andrea Rogato | piano, Gigi Andreone | contrabbasso, Renato Tassiello | batteria) ha così proposto un repertorio di infallibili classici legati alle swing band degli anni ’20, tra Count Basie e Duke Ellington, oltre a qualche brano più moderno rivisitato sempre in chiave swing. Si comincia sui binari dell’A-train e si finisce tra la polvere della route 66: tutto fila liscio tra l’apprezzamento del numeroso pubblico (più a suo agio con le tonalità alte rispetto a quelle più basse).
Nel salone della Cascina Casottello infine si sta in piedi per ascoltare ed eventualmente ballare la musica dei Black Beat Movement; il gruppo milanese indipendente (Naima Faraò | voce, Jacopo Boschi | chitarra, Luca Bologna | basso, Luca Specchio | sassofono, Nico Roccamo | batteria, Dj Agly | scratch, Fabio Visocchi | tastiera) propone infatti una danzabile miscela di soul e di funky sporcata e aggiornata con un po’ di hip hop; si parte con repertorio che sembra in debito con il jazz-pop degli anni ’80; ma a mio parere, malgrado l’esperienza del gruppo nella dimensione live, sembra mancare qualcosa in termini di fluidità e coesione del gruppo, soprattutto nella sezione ritmica. L’energia scenica di Naima è comunque trascinante, e man mano che i ritmi del set crescono tutto sembra amalgamarsi meglio. Sala affollata e pubblico misto (quello più attempato del jazz e quello più giovane e groove), comunque alla fine nelle prime file si balla, gli spettatori appaiono soddisfatti e lo speaker di Cascina Casottello è al settimo cielo...
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    Mauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà.

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