JAZZMI 2022E anche JAZZMI 2022 è finito, lasciandosi dietro un inebriante profumo di jazz diffuso per tutta la città di Milano e dintorni. Un festival pazzesco, con 200 eventi, 500 musicisti, 80 location, 50.000 presenze; e con concerti, incontri con gli artisti, presentazioni, laboratori per bambini, mostre, proiezioni e davvero chi più ne ha più ne metta, con tantissimi eventi anche gratuiti. Per noi JazzMi è un’occasione per scoprire ogni anno posti nuovi di Milano (e quest’anno anche dell’hinterland), confermandoci che anche dopo la maledetta pandemia è e rimane una città viva, vivace, inesauribile, piena di energia e di voglia di fare. Noi ci siamo mossi un po’ a caso, da rabdomanti curiosi ma profani. Tante le cose che ci sarebbe piaciuto vedere e ascoltare, ma bisogna accontentarsi. Provo a raccontare qui, a futura memoria - soprattutto mia -, quello che abbiamo visto e ascoltato in sei giorni di tour de force. Siamo partiti dalla musica portata nei centri commerciali, con l’evidente intenzione di intercettare anche pubblico casuale e non necessariamente interessato al genere. Martedì 4 al Bicocca Village si sono succeduti tre gruppi, in vari punti del centro commerciale. La simpatica brass band dei FAN FATH AL (capito il gioco di parole?) intrattiene il pubblico all’aperto con melodie mediterranee che spaziano dai Balcani alla Spagna, passando per la Napoli di Carosone; poi ci accompagna camminando a suon di musica al primo piano del Village, fino alla postazione degli ASANTE SANA, con i quali, prima di mettersi tra il pubblico ad ascoltare i colleghi, improvvisano una jam session sul primo brano. Il nome del gruppo è una citazione in swahili dal film Il re leone; sono in tre (la seconda cantante è assente) e propongono in chiave jazzata un variegato repertorio che va appunto dalle canzoni della Disney (Lo stretto indispensabile secondo l’orso Baloo) alla canzone d’autore italiana (da Capossela e Daniele), al pop internazionale (da Morcheeba a Britney Spears), fino a canzoni goliardiche spagnole o canzoni sulla Resistenza. Clod Fuga, alla voce e chitarra, invoca scherzosamente un po’ di grappa e la generosità degli spettatori gliene recapita quattro bicchieri. Ci si sposta al piano terra per ascoltare un terzo gruppo che scherza col proprio nome, i FRANK SINUTRE, che propongono sonorità elettroniche (prodotte da strumenti di loro invenzione), a mio parere abbastanza lontane dal jazz, sullo sfondo di uno scherma che rimanda immagini colorate ed astratte. Di nuovo un nome che può indurre in equivoco (soprattutto sull’orario d’inizio dello spettacolo) per i 3.00 A.M., che si esibiscono mercoledì 5 davanti ad un pubblico ristretto al Red Bistrot del centro commerciale di Tre Torri. Atmosfera freddina (il cameriere che viene a servirci non conosce né il Cointreau né il Gran Marner) che Federico De Zottis, sassofonista, leader e compositore del gruppo, non riesce a riscaldare creando empatia con il pubblico. Composizioni originali di fattura non banale per il quartetto, di cui fa parte anche Mirko Boles, contabbassista che abbiamo già conosciuto e apprezzato in altre occasioni nel sulfureo Cosimo & The Hot Coals. Chiacchierando scopriamo che domani si esibirà all’Ostello Bello con un gruppo di hot jazz; così decidiamo di dedicare la nostra serata non impegnata da JazzMi per andare a sentire… un concerto jazz. Infatti giovedì 6 siamo ad ascoltare il sestetto della GRAN MILAN DIXIELAND SOCIETY, con un repertorio proveniente in gran parte dalla New Orleans degli anni ‘20-30. Tecnicamente da rifinire, anche e soprattutto nella parte vocale, ma l’energia sprizza e rimbalza tra le pareti del sotterraneo dell’ostello. Il pubblico gradisce, molto, e presto il locale si trasforma in una giovane e simpatica (per citare lo storico locale milanese di Enzo Jannacci) bolgia umana che balla e canta musiche di cent’anni fa. I musicisti scendono tra il pubblico in un’atmosfera piacevolmente infiammata, poi vengono raggiunti sul palco dai compagni del loro batterista, che è anche il percussionista dei Fan Fath Al, e da qualcuno della Lazy Sloths Jazz Band. Casino totale (se dobbiamo andare di citazioni, questo è un titolo di Izzo), bello come un ostello. Venerdì 7 si torna a JazzMi in un ambiente molto più ortodosso, con l’esibizione del trio di ARVISHAI COHEN al teatro della Triennale. Trombettista di origine israeliana, poi trasferito a New York, Cohen rivela nelle sue composizioni forti e dirette ispirazioni davisiane. Il trio esegue di filato tutto il loro album Naked Truth, con composizioni ora più lunari e rarefatte, ora più tese, e concludono con la rielaborazione di un concerto per piano di Ravel. Sabato 8 abbiamo un doppio appuntamento e un posto nuovo da scoprire, il Magnete, nuovo centro culturale incuneato tra i nuovi e un po’ asettici spazi residenziali del quartiere Adriano. La sala da concerto è uno spazio nuovo ma piuttosto disadorno; però a riempirlo di luci, suoni, calore ed energia (fin troppo: forse il volume sonoro doveva essere moderato in proporzione all’ambiente) ci pensano i SOUL CIRCUS: sei musicisti per il muro del suono e quattro vistose vocalist-ballerine sul fronte del palco, come una versione delle Supremes aggiornate ai tempi. Neo-soul e fascino vintage, la gioia e la forza della musica; in sala sono vietate le sedie: bisogna muoversi e ballare. Ci si ricompone in Triennale con un after concert (alle 23) di KEYON HARROLD. Anche Harrold, come Cohen, viene da New York e ha Miles Davis come nume tutelare (è stato lui ad eseguire i pezzi di Davis nel film Miles Ahead di Don Cheadle): ma il suono è più potente e la ritmica più pressante, con gli ottimi Charles Haynes alla batteria e Dan Winshall al basso. Completano il quintetto altri due virtuosi come Jahari Stampley al piano e Andrew Renfree alla chitarra. Harrold parte laconico, poi si scalda, si scioglie, ci racconta un po’ della sua vita, canta e ci lascia facendoci cantare con lui un’ipnotica ninna nanna (dopo aver citato poco prima un’altra famosa lullaby come God Bless the Child) e con un doveroso (visti i tempi) auspicio di peace and love.
Particolarissimo l’appuntamento pomeridiano di domenica 9, un po’ spiazzante sia per l’ambiente che per la proposta. Prima della proiezione di Respect, il biopic un po’ deludente dedicato alla figura carismatica di Aretha Franklin uscito lo scorso anno, si esibisce infatti nella sala spettacolo Medicinema dell’Ospedale Niguarda la IN BAND, dove In sta per in-clusione, in-tegrazione, ecc. Il gruppo infatti nasce dai laboratori musicali condotti dall’associazione AllegroModerato con persone affette da disabilità fisiche e psichiche anche gravi. Accompagnati dai loro insegnanti (che raddoppiano e sostengono alcuni strumenti, ma senza assolutamente prevaricare i loro allievi), il gruppo propone un repertorio vario che va dal medley con i temi del Pinocchio televisivo alla Mona Lisa di Graziani, fino a composizioni di Pastorius o di Mingus. Pubblico misto, entusiasta, emozionato e commosso. Altra location inedita per l’esibizione in serata del quartetto RAGONESE/TAVOLAZZI/GIORGI, nel nuovissimo auditorium di Carugate, praticamente testato per la prima volta dal concerto di JazzMi. I musicisti sono quattro ma i nomi in cartellone solo tre, perché i Ragonese Pepe e Pancho, trombettista e pianista, che formano un sodalizio con il batterista Giorgi, sono fratelli e portano quindi lo stesso cognome. Quasi tutti brani originali, e di nuovo la tromba in primo piano; ma questa volta il nume tutelare sembra Baker, con Pepe che cerca di emulare l’indimenticabile e inimitabile Chet alternando voce e tromba in un paio di brani. Dà ulteriore lustro al gruppo la presenza in questa occasione di Ares Tavolazzi al contrabbasso, con alle spalle più di 50 anni di carriera, un’infinità di esperienza, di esperienze e di prestigiose collaborazioni. E’ lunedì. Guardiamo il treno del jazz che si allontana, e aspettiamo il prossimo.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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