IL PASSEGGERO di Cormac McCarthyMi chiedo se Cormac McCarthy sia ancora uno dei miei scrittori preferiti, dopo aver letto a breve distanza l'uno dall'altro Meridiano di sangue e Il passeggero. I due romanzi sembrano collocarsi agli antipodi rispetto ad una riflessione che è anche una riflessione sulla Storia americana. Nel primo c'è un'America giovane, brutale, per certi aspetti ancora primordiale, intrisa di violenza, dominata da una natura immensa, aspra e indifferente al destino degli uomini. Un mito fondativo intriso di violenza e di sangue, raccontato seguendo le peripezie di un folle gruppo di cacciatori di scalpi, massacratori senza scrupoli e senza un apparente domani. Nel secondo c'è un'America post tutto, un'America che si colloca alla fine della storia del '900, dove tutto sembra già alle spalle: sia la storia individuale del protagonista, sia la Storia tout court, dopo che l'innocenza ingannevolmente ricostruita dopo la fondazione nel sangue è stata di nuovo smarrita e sverginata dalla “sporca” guerra del Vietnam, e ancora di più e ancora prima con la scellerata decisione di impiegare la bomba atomica sopra le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki alla fine della seconda guerra mondiale. Si direbbe quasi che il Giudice di Meridiano di sangue, che assume per il giovane protagonista un ruolo di distorta e mostruosa figura paterna e che alterna il ruolo di capobanda di un folle esercito di assassini - massacratori di uomini, donne, vecchi, bambini -, ai variegati e profondi interessi naturalistici, scientifici e filosofici, si sia evoluto fino a diventare il padre del protagonista de Il passeggero, un fisico che lavorò con Oppenheimer al progetto Manhattan che portò alla realizzazione e poi all'impiego delle prime bombe atomiche, che causarono centinaia di migliaia di vittime innocenti. Il diverso approccio alla Storia si riflette anche nell'età dei protagonisti: Meridiano di sangue (scritto dall'autore già 52enne nel 1985) è un “ragazzo” (the kid, così viene chiamato per tutto il libro) di cui ci viene narrata la storia fin dall'infanzia e dalla sua precoce vocazione alla “violenza insensata”, destinato a scomparire una volta diventato “uomo”. Il passeggero, pubblicato l'anno scorso, un mese prima della morte dello scrittore novantenne, è Bobby Western (il cognome nello stesso tempo ne indica la dimensione esistenziale crepuscolare, allude al destino storico dell'Occidente e segna anche la continuità con una mitologia delle origini inevitabilmente collocata nel West – anche se il romanzo si svolge in gran parte a New Orleans), un uomo adulto che, per quanto ancora giovane, ha già tutto alle proprie spalle: un padre che fu tra i padri della bomba atomica; un grande e impossibile amore perduto e irrecuperabile (la bellissima e intelligentissima sorella, afflitta da turbe psichiche e morta suicida); una serie di carriere non prive di momenti di gloria (brillante studente di fisica, poi corridore automobilistico, ora sommozzatore professionista specializzato nel recupero di relitti); perfino una ricchezza fortuita e inaspettata. Ma Western, nel suo lutto invincibile e inestinguibile, sembra essersi lasciato alle spalle anche qualsiasi passione e interesse; per gli amici e le donne è un enigma irresolubile, una sorta di fantasma che ad un certo punto sembra animato solo da un meccanico istinto di sopravvivenza. Perché in effetti alle origini de Il passeggero c'è un mistero, e nel suo sviluppo un pericolo che si fa via via più incombente. Western nelle prime pagine del libro compie un'immersione insieme ad un collega: sott'acqua entra nel relitto di un aereo precipitato in mare. A bordo ci sono nove cadaveri, ancora seduti compostamente ai loro posti. Ma manca un decimo passeggero che risulta sui documenti d'imbarco, e anche la scatola nera dell'aereo. Western comincia a subire le visite di agenti (non meglio identificati dal narratore) che sembrano convinti che lui sappia più di quello che dice di sapere. Mentre il suo collega scompare durante una missione, lui cerca di sfuggire dibattendosi in una misteriosa rete di pressioni e di persecuzioni che si stringe sempre più intorno a lui. Ma si sbaglierebbe a pensare che si tratti di una sorta di thriller alla Non è un paese per vecchi. Il mistero dell'aereo non sembra molto più che un espediente narrativo – neppure molto radicato nella narrazione, si direbbe – per far scattare la molla di una fuga che si delinea al rallentatore, e che sembra più che altro una fuga da se stesso, dai propri fantasmi e dai propri incubi. Il principale tra questi fantasmi, quello della sorella morta Alicia, si prende l'esclusiva di molti dei capitoli del libro, evidenziati da un carattere tipografico differente, dove lei a sua volta ospita una corte di fantasmi ancora più fantasmatici, bizzarre e irriverenti proiezioni della sua mente schizofrenica. E' una mancanza di baricentro (la latitanza dell'enigma e della sua soluzione in grandi parti del libro, e definitivamente nella sua prospettiva narrativa) che rispecchia quella di Meridiano di sangue, dove a scomparire (per grandi parti del libro e poi in modo irrevocabile) è quella che sembrava la ragion d'essere del libro fin dalle prime righe, ovverosia il protagonista stesso: un protagonista di cui il narratore comincia a raccontarci fin dalla più tenera età ma che poi perde nel corso della narrazione, confuso nella masnada dannata dei suoi compagni, annullato da una natura incombente e superiore, spesso indistinto nel mezzo delle mischie e dei massacri che si succedono lungo il libro. Intanto, mentre matura la lentissima fuga di Bobby, nel libro si parla di tutto: della guerra nel Vietnam; degli effetti della bomba atomica su Hiroshima; della balistica nell'attentato a Kennedy; della natura fisica della materia; della natura e dei limiti della matematica; di metafisica; di macchine e di corse automobilistiche; di immersioni subacquee; delle tecniche più disparate; della condizione psicologica dei transessuali e di molto altro ancora; tutti temi intervallati o incorporati in lunghi dialoghi con nonne, investigatori privati, amici snob e sarcastici, eremiti, agenti misteriosi, colleghi e anche qui più ne ha più ne metta, mentre ogni tanto si intromettono le pagine in corsivo piene dei deliri a volte totalmente privi di senso di Alicia. McCarthy sembra preso da una voglia onnivora ed enciclopedica di raccontare tutto, che sembra a volte davvero inopportuna, entrando ogni volta in dettagli virtuosistici, forse nel tentativo di scrivere (o riscrivere: per alcuni lo era già Meridiano di sangue) il Grande Romanzo Americano, in cui far confluire tutto, storia individuale e collettiva, fisica e metafisica, razionalità e follia, lo scibile umano e l'inconoscibile, l'individualismo americano e le paranoie politiche alla Pynchon. Se Bobby è un genio capace di fare qualsiasi cosa in cui si cimenti - immersioni pericolose, parlare di fisica o di matematica ad altissimi livelli, guidare come un campione, sopravvivere in condizioni estreme -, sua sorella (che sarà a sua volta protagonista del romanzo Stella Maris, uscito quasi in contemporanea a Il passeggero), oltre ad essere bellissima e pazza, è un genio naturale della matematica, ma incidentalmente è anche, pur giovanissima e chissà come, una delle più grandi esperte mondiali di violini cremonesi... La voracità tuttologa di McCarthy è testimoniata e icasticamente rappresentata nell'ultima pagina del libro (a romanzo finito): i ringraziamenti della traduttrice, l'ottima Maurizia Balmelli, che dichiara di aver avuto bisogno di una dozzina di consulenti per gli aspetti riguardanti la fisica, la matematica, la nautica, i motori, le corse automobilistiche, le immersioni subacquee, l'aviazione, la guerra, le estrazioni petrolifere, le materie legali. Forse altri avrebbero potuto essercene per le materie psichiatriche e per gli esegeti delle allucinazioni mentali, o altri ancora. La precisione chirurgica, fino al tecnicismo, è d'altra parte un elemento che contraddistingue la scrittura di McCarthy: per tornare al paragone con Meridiano di sangue, notevole era la competenza e l'accuratezza lessicale sfoggiata dall'autore in campo botanico o geologico, o in quello delle armi e degli attrezzi utilizzati all'epoca. Ma ne Il passeggero questa inclinazione sembra essere caparbiamente finalizzata alla composizione di un'opera-mondo onnicomprensiva, che si muove dalla realtà più minuta e concreta alle grandi questioni filosofiche e scientifiche, dai misteri della psiche umana a quelli del cosmo e della natura, dalla dimensione individuale e psicologica a quella della natura umana. E' un tentativo riuscito? Alla fine l'impressione che quello che rimane (se è permesso usare questo termine riduzionistico) di tutto questo vasto e intricato labirinto di competenze, di discorsi, di piani del racconto, sia la dimensione esistenziale del protagonista, in cui forse si rispecchia quella del suo autore. Come in altri suoi romanzi, il personaggio protagonista è solo (o quasi, come vedremo), al cospetto della società, ma soprattutto di un mondo e di un universo che lo trascendono e di fronte al quale è un nulla; un grumo di sofferenza e di solitudine, effimero e destinato alla scomparsa e all'irrilevanza assoluta. Di fronte ad un cosmo indifferente e crudele nella sua indifferenza, Bobby Western è solo sul cuor della terra, e se un raggio di sole lo trafigge prima che cali la sera è un raggio che porta bellezza ma anche perdita, sogno di felicità ma anche lutto infinito e desolata disillusione. E' forse solo la conoscenza, la consapevolezza (e allora acquista un senso l'ossessione della competenza linguistica portata ai suoi estremi) a distinguere l'uomo da qualsiasi altro animale, o da un sasso, o da un cactus del deserto, o da un fulmine nel cielo. Ma è tuttavia una consapevolezza che porta con sé a sua volta dolore, disperazione, senso di colpa. McCarthy in questo senso trascende la dimensione del romanzo americano, nella cui linea pure si iscrive con indiscussa autorità, per avvicinarsi di più all'angoscia kafkiana (in fondo anche Western è perseguitato da un'entità burocratico/metafisica per una colpa che né il lettore né lui stesso sono tenuti a conoscere) o al nichilismo leopardiano che concepisce l'umano come sensibile ma inutile unità di misura del vuoto di senso cosmico. Western è forse allora il decimo passeggero, quello stranamente sfuggito alla morte che gli aveva dato appuntamento su quell'aereo, per continuare a sopravvivere come un morto vivente in un universo che in fondo non ha molta più consistenza dei deliri della sorella Alicia, persa nella Wonderland (tanto per echeggiare il titolo del sito per il quale sto scrivendo) della sua mante malata. E Alicia forse non è che un'altra incarnazione delle giovani donne e dei bambini che accompagnano sovente i derelitti protagonisti dei romanzi di McCarthy, senza che questi riescano ad offrire loro un'adeguata protezione, impotenti malgrado le competenze nelle tecniche di sopravvivenza messe in campo da ciascuno di loro. Come la giovanissima moglie, Carla Jean, o il suo doppio, la ragazzina con cui Moss (anche lui improvvisamente, fortunosamente e inutilmente ricchissimo, come Western) si accompagna per qualche pagina di Non è un paese per vecchi, prima che tutti loro trovino la morte; o come il figlio bambino de La strada, la cui salvezza appare l'unica e ultima ragione di vita del padre protagonista. Ed oltre al nocciolo duro, diamantino, della narrativa di McCarthy quello che resta è ovviamente la sua scrittura, la sua prosa di incredibile valore. Più che nei lunghi dialoghi, a volte difficili da seguire, sia per la durezza dei contenuti tecnico-scientifici-filosofici che per la mancanza di segni ortografici che separino le battute e dell'indicazione esplicita del parlante, che li rende a volte veramente faticosi, è nella descrizione delle azioni, degli ambienti, delle atmosfere e dei paesaggi che si dispiega tutto il talento dell'autore. E' una prosa che riesce ad essere insieme minimalista nella sua asciuttezza e nello stesso tempo barocca per l'estensione del lessico, precisa e adamantina nel suo nitore e nello stesso tempo suggestivamente evocativa. In definitiva, non saprei rispondere alla domanda che ho posto in apertura. Ma arrivato a queste ultime righe, posso dire di essere stato comunque contento di aver letto Il passeggero, e forse ancora di più di averne scritto.
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STORIE RITMI MOVIMENTI - LORENZO MATTOTTI |
AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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