IL GUSTO DEL CLORO di Bastien VivèsNe IL GUSTO DEL CLORO (ripubblicato da Coconino Press nel febbraio 2017, ma già edito nel 2009 da Black Velvet e già pluripremiato), su 135 pagine si contano sulle dita di una mano quelle non ambientate all’interno della piscina che il giovane protagonista è costretto a frequentare, spinto dal suo fisioterapista, per curare dei disturbi alla schiena. Non succede molto: se fosse un film, apparterebbe al genere boy meets a girl. Il giovane va in piscina, nuota di malavoglia, si guarda in giro, vede una ragazza; grazie all’aiuto involontario di un amico più intraprendente, scambia qualche parola con lei. L’appuntamento settimanale con la piscina diventa l’attesa dell’incontro con la ragazza. Svolgendosi tutto in un unico ambiente, chiuso, illuminato da luci artificiali costanti che non cambiano con le variazioni metereologiche, Il gusto del cloro ha una straordinaria compattezza e coerenza grafica e cromatica, la cui delicata eleganza è già percepibile solo sfogliando le parole del libro. La tavolozza comprende poco più che le tonalità del verde acqua, del grigio rosa delle porzioni di corpi seminudi che emergono dall’acqua e del grigio più denso dei corpi immersi, del nero dei costumi da bagno e delle cuffie, con appena qualche conveniente nuances in più negli spogliatoi, nello studio fisioterapico, o nei pochi vestiti. Ma nel poco-o-nulla che succede Bastien Vivès, che ha realizzato il suo racconto prima dei trent'anni, è molto abile e sensibile nel raccontare quella speciale dimensione sospesa tipica della piscina, uno strano ambiente in cui le sensazioni visive, auditive, olfattive, tattili (nel titolo c’è in sovrappiù il senso del gusto), e persino quelle relative al peso del nostro corpo e al nostro modo di muoversi nello spazio appaiono strane e differenti. E’ una sospensione delle sensazioni e dei corpi, ma quasi anche mentale, uno svuotamento che apre una finestra temporale, una bolla d’aria, una strana parentesi nel flusso dei pensieri di tutte le ore di veglia. Le pagine, molte delle quali senza dialoghi o parole (il numero delle vignette mute è ben superiore a quello di quelle parlate, e le uniche didascalie presenti riportano tutte e solo un’unica dicitura: “il mercoledì seguente”), seguono pertanto i protagonisti mentre nuotano, si fermano appesi al bordo della piscina, si strizzano gli occhi o il naso, guardano gli altri bagnanti o osservano scorrere il soffitto mentre scivolano nell’acqua sul dorso. Alla fine, davvero, sembra quasi di sentire l’odore del cloro nelle narici. Ma non è ancora una sospensione dei sentimenti. Mercoledì dopo mercoledì, mentre le capacità natatorie progrediscono, l’ora di piscina diventa un’attesa piacevole e dolorosa, in cui l’apparire di una capigliatura scura liberata dalla cuffia può dare un tuffo al cuore, un braccio alzato in segno di saluto in una vasca affollata può donare un attimo di gioia e di euforia. La piscina diventa lo spazio ritagliato di un breve incontro, iscritto in una dimensione astratta e separata dal caos del mondo, in cui potrebbe nascere qualcosa tra il ragazzo e la ragazza che forse non si sono neppure ancora detti i propri nomi. Potrebbe. Se si potesse intendere il senso di una frase o di una parola pronunciata sott’acqua. Se la ragazza tornerà un altro mercoledì. Se si riuscirà ad avere abbastanza fiato da riuscire a starle dietro. Se si comincerà ad assaporare lo strano gusto del cloro.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Febbraio 2024
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