LE CORREZIONI di Jonathan FrazenLe correzioni esce nel 2001 giusto in tempo per essere il miglior romanzo del XXI secolo. Se solo fosse uscito un paio d'anni prima, sarebbe stato imbarazzante metterlo a confronto con i grandi della letteratura del '900. Ma essendo uscito oltre la soglia del nuovo secolo/millennio, il romanzo ancora oggi, alla fine del 2019, può essere senza esagerazioni nominato tra i migliori. Certo non ho letto tutti gli altri romanzi usciti in questo quasi-ventennio (temo di averne letti ben pochi, in realtà), come credo non l'abbiano fatto gli altri critici e giornalisti che l'hanno parimenti messo in cima alle loro classifiche, ma Le correzioni mi ha stupito e lasciato ammirato per una qualità di scrittura davvero rara. Leggerlo oggi poi (io l'ho fatto tra settembre e ottobre di quest'anno) getta una luce retrospettiva sul futuro che aspettava la società americana descritta nel libro dopo la fine della sua narrazione: lo shock micidiale dell'11 settembre (l'attentato avvenne qualche giorno dopo l'uscita del libro) o la gravissima crisi del sistema del capitalismo finanziario (una gigantesca correzione, usando il metro di Frazen) che scosse il mondo intero dal 2008. Quella raccontata da Frazen è sostanzialmente la saga di una famiglia wasp (white anglo-saxon protestant) composta dai cinque protagonisti, ambientata tra Saint-Jude, una cittadina del Midwest, Philadelphia, New York, oltre che deviare verso una grottesca puntata a Vilnius e una disastrosa crociera in mare. C'è Alfred, il capofamiglia, ingegnere ferroviario, un solido, quadrato uomo del Midwest, chiuso fin quasi all'anaffettività (la sua massima dimostrazioni di amore per i figli, che pure gli imporrà un prezzo altissimo, sarà espressa con la distanza il silenzio), duro con se stesso, con la moglie e con i figli, ma tormentato dalle tentazioni sessuali durante le assenze per lavoro, la cui mente lucida e antisentimentale e il cui spirito tutto d'un pezzo sono minati dall'avanzare del morbo di Parkinson; c'è Enid, sua moglie, che ha vissuto nell'ombra del marito, subendone le tacite ostinate decisioni, anche quando si trattava dell'educazione dei figli o di scelte decisive per le economie e il futuro della famiglia, adattandosi ad una visione puritana e conformista della propria vita che vorrebbe imporre a sua volta all'esistenza dei figli, e che si aggrappa ai riti esteriori della sua propria rappresentazione della famiglia. E ci sono io tre figli adulti della coppia. Gary, il primogenito, ha ereditato lo spirito razionale del padre e vorrebbe rivoltare contro i genitori una visione pragmatica e realistica del loro invecchiamento e declino; uomo di successo, si trova però a dover gestire il rapporto con una moglie bella ma il cui comportamento di razionale ha ben poco, e che con istintiva e maliziosa strategia cerca di alienargli le simpatie dei tre (di nuovo tre) figli. Chip ha un carattere più debole e una realizzazione sociale molto più problematica; insegnante all'università, si trova privato dell'incarico dopo una tumultuosa (e chimicamente pompata) relazione sessuale con una provocante studentessa; dipendente economicamente dai prestiti della sorella, alle prese con una sceneggiatura scritta e riscritta senza mai arrivare a compimento, si trova invischiato in una bizzarra truffa ordita ai danni di creduloni investitori americani da un affarista lituano che sarebbe poi l'ex-marito della sua attuale fidanzata, che l'ha abbandonato proprio durante una visita dei genitori. La più giovane, Denise, è una bella ragazza diventata una delle chef più creativa e più contesa di Philadelphia, ma la cui vita sentimentale è estremamente tribolata: dopo una serie di relazioni con uomini più vecchi di lei (sostituti della figura del padre?), e dopo la scoperta di una seconda sessualità (la negazione della figura del padre?) si ingarbuglia a sua volta in relazioni contemporanee con il suo principale (che ha costruito per/insieme a lei una sorta di ristorante-cattedrale in un ex-edificio industriale) e la di lui moglie. Il tutto confluisce verso il sogno romantico e falsamente consolatorio di Enid: un ultimo Natale con la famiglia intera riunita. La narrazione di Frazen passa senza soluzione di continuità da un personaggio all'altro, di volta in volta protagonista di una sezione del libro, lasciato e ripreso durante il corso del romanzo. Scartando le scene di gruppo (gli stessi pranzi che dovrebbero vedere la famiglia riunita sono afflitti da differenti frustrazioni; più spazio viene addirittura concesso alle tavolate che vedono Alfred e Enid con i compagni di crociera scandinavi), Frazen si concentra su scene a uno o due personaggi. Come i personaggi, anche i toni del romanzo si alternano, inclinando a volte più verso il dramma, a volte verso la commedia o il comico (soprattutto nelle disavventure di Chip). Nella varietà dei toni sfiorati dallo scrittore - un narratore onnisciente partecipe del destino dei suoi personaggi e nello stesso tempo a una distanza prudenziale ed ironica - si può affermare però che un unico destino accomuni i personaggi: e cioè l'impossibilità di conseguire la felicità. La famiglia, l'infanzia, l'intimità domestica, l'amore, il sesso, l'amicizia, la realizzazione professionale, il successo economico: nulla può garantire la felicità a questi privilegiati abitanti del primo mondo, belli, maturi, benestanti. Malgrado il distacco dello scrittore dalla materia che mette in pagina, la potenza e la capacità di penetrazione della sua narrazione è tale da rendere a tratti quasi penosa la lettura per chi (e non è difficile che succeda) si è trovato a vivere e ad affrontare qualcuna delle situazioni descritte nel libro. La copertina dell'edizione Einaudi (che riprende quella originale americana) ritrae un bambino anni '50, seduto ad una tavola imbandita, presumibilmente in una giornata di festa: ha capelli biondi ben pettinati, una camiciola a quadri e un farfallino; ma la sua postura è ingobbita, il suo sguardo da sotto in su torvo e corrucciato; un piccolo uomo chiamato al tavolo di un mondo adulto che già sente su di sé il peso della presente e futura inadeguatezza. La malattia degenerativa e inarrestabile di Alfred non è che la dimostrazione icastica che nessuna correzione può difenderci dalla discesa nell'abisso intorno al quale avvitiamo i nostri passi della vita terrena (l'unica che ci sia data, d'altra parte). Ma la grandezza di Frazen (e sia reso massimo onore alla traduttrice Silvia Pareschi) non sta tanto, per quanto mi riguarda, in quello che racconta, ma nell'uso della lingua con cui lo racconta. E' vero che lo scrittore, che proviene dal postomodernismo, esagera a volte in competenza. Che sia chimica, finanza, neuroscienza, gastronomia, storia lituana, contrattualistica, psichiatria clinica, politica ferroviaria, o qualsiasi altra materia in cui si imbatta sulla sua strada, Frazen si impunta a dimostrare di essere il primo della classe, dissertando di tutto con sfoggio ironico e talvolta irritante. Ma Frazen è un genio della lingua. Perfino quando si imbarca in uno dei numerosi elenchi, apparentemente ben poco necessari, che punteggiano il racconto, come quello ad esempio degli alimenti scaduti e deteriorati che Denise si incarica di sbarazzare dalla casa della madre, riesce ad incantare e a provocare godimento con una descrizione dall'aggettivazione sontuosa e insieme sintetica, precisa e insieme evocativa. Che si tratti di definire con poche parole la qualità della luce che entra da una finestra, o lo sconvolgimento di una mente aggredita dalla demenza; che sia lo sconcerto dei parenti di fronte alla malattia di un congiunto, o la confusione morale e sentimentale di Denise; che sia il delirio erotico di Chip alimentato dalle droghe o la contorta prigione coniugale in cui si trova ingabbiato Gary, o le “raffiche su raffiche di entropia” che soffiano contro la casa dei Lambert, il linguaggio di Frazen colpisce quasi a ogni frase, incanta, sorprende con l'esattezza, l'inventività, l'audacia, l'aggettivazione formidabile. Le correzioni è in definitiva un libro in cui c'è ben poco da correggere. I tentativi di trarne un film sono giustamente falliti (nessun film potrebbe tradurre la squisitezza linguistica di Frazen, che, di fronte alla prospettiva, disse che non gli importava nulla di cosa avrebbero fatto del libro i realizzatori cinematografici); eppure il romanzo contiene personaggi, intrecci, storie a sufficienza per una o più dense stagioni telefilmiche. Chissà se un giorno avremo occasione di vederle.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Febbraio 2024
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