LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI serie tv di Edoardo De AngelisIndivisibili era stata una folgorazione, e anche Il vizio della speranza, benché più prevedibile, mi era piaciuto. E' stata quindi una cocente delusione La vita bugiarda degli adulti, miniserie girata da Edoardo De Angelis, tratto da un libro di Elena Ferrante e prodotto da Netflix. Con l'aggravante di essere una delusione lunga circa sei ore (ecco perché diffidavo delle serie tv!), dal momento che ho voluto concedergli una chance fino alla fine (della prima stagione? ce ne saranno altre?). Non amo molto la scrittura della Ferrante, e il credito da me concesso alla trasposizione filmica de L'amica geniale (sono arrivato con fatica alla fine del primo volume) ad opera di un altro bravo cineasta come Saverio Di Costanzo non è andato oltre la seconda puntata. Però credevo in De Angelis e la fiducia accordata al progetto da Valeria Golino mi faceva ulteriormente ben sperare. In effetti inizia bene, con dei ragazzi che giocano a palla su una strada di Napoli. Poi la macchina da presa arretra e si scopre che la strada fa parte di un ponte che si interrompe e finisce nel vuoto, senza possibilità di essere completato e condurre da qualche parte. Una trovata scenografica ready made che dà immediatamente la cifra di una città irrazionale, dove ogni incongruenza e ogni follia vengono assorbite e ammortizzate da una vitalità (i ragazzi che giocano) che travalica qualsiasi aspettativa. Forse anche una premonizione metaforica di vite spezzate e in bilico, chissà. Anche i titoli di testa sono belli, con l'immagine della giovane protagonista che nuota vestita sott'acqua (con la maglietta fluttuante che ogni tanto le scopre i seni), mentre cerca di recuperare un oggetto (un fatidico braccialetto) dal fondo. Poi la storia inizia, De Angelis fa il regista cercando qualche effetto di fuori fuoco e giocando con la colonna sonora, presenta la sua protagonista, imposta i personaggi, ambienta la storia tra la Napoli borghese dei quartieri (letteralmente) alti e il lusso di Posillipo e la periferia più degradata ma anche più autentica; la Golino tarda ad arrivare e la si aspetta sia come attrice che come personaggio che presumibilmente fornirà una chiave di volta all'impalcatura della storia. E' la zia della protagonista - l'adolescente Giovanna - una donna sola, irrequieta, schietta e passionale tanto quanto il padre di Giovanna è freddo, intellettuale, calcolatore e dissimulatore. Si capisce che Giovanna deve crescere e trovare la sua strada, tra scuola e centri sociali, famiglia e mondo esterno, bugie e verità e che la sua famiglia apparentemente perfetta nasconde segreti, rivalità, infedeltà e infelicità. Ma già alla seconda ora di visione i conti cominciano a non tornare. Il tormentone che da piccola ogni cosa sembra grande e da grande ogni cosa sembra niente comincia a stancare da subito; la voce fuori campo è inutile e dannosa; la recitazione, in primo luogo quella degli interpreti più giovani, è talmente acerba da parere asperrima; il dialetto, al contrario di essere una lingua connaturata alla storia raccontata e all'ambiente come in Gomorra, sembra un artefatto abito di scena fatto indossare agli attori; la teatralità ingolfata di alcune situazioni va ben oltre la stilizzazione che già inficiava in parte anche L'amica geniale; la colonna sonora d'epoca (si riascoltano gli Almamegretta e i 99 Posse), che aveva ben aderito ad alcuni momenti, sbanda in tutte le direzioni tra il nuovo sound degli arrabbiati napoletani, la canzonetta melodica e neomelodica, le bellurie elettroniche. Più si va avanti nella visione e peggio è; la firma di De Angelis (napoletano verace e talento visionario certificato da Kusturica, che di talenti visionari ne sa qualcosa) su tutte le puntate della serie, che avrebbe dovuto assicurare unitarietà e coerenza al progetto, sembra invece confermarne e aggravarne via via i difetti. La trama procede a fatica, il braccialetto-feticcio gira di mano in mano senza motivo, gli attori giovani steccano impietosamente, i flashback sono buttati lì senza costrutto, e tutto suona irrimediabilmente falso, mentre le situazioni si avvitano senza produrre senso o tensione. La giovane Giordana Marengo – che pianti una biro nella coscia di un coetanea o decida di prestarsi a imbarazzanti scene sessuoidi - è imprigionata al centro di una trama e di situazioni che la mettono seriamente alla prova, e si dibatte cercando di districarsene con un broncio perenne e con la sua fisicità acerba; la Golino si sforza generosamente di sembrare vera, finendo incolpevolmente per stonare anche lei sullo sfondo di una Napoli popolana purtroppo fasullissima; Preziosi fa l'antipatico; degli altri meglio non parlarne. La quinta puntata, in gran parte ambientata in una Festa dell'Unità, in mezzo ad un postmoderno tripudio di bandiere rosse e canti dell'Internazionale, dibattiti e cineforum, cortei e pestaggi, e in cui dovrebbero confluire le storie dei diversi personaggi, sembra essere il punto più basso dell'intera narrazione, ma finisce per rivaleggiare con la puntata conclusiva, in cui partono improbabilissimi confronti dialettici su vita, fede e politica; in cui fratello e sorella (dopo che lui le ha offerto un lavoro) si prendono a schiaffoni sulla spiaggia come Sordi e la Vitti in Amore mio aiutami; in cui Giovanna tenta di farsi scopare da un tizio assai poco attraente pretendendo di tenersi su i pantaloni; e in cui, infine, lei parte alla ventura insieme alla sorellina dell'amica del cuore, che, nel frattempo, si è fatta sverginare dal giardiniere come esperimento letterario. Tutto un peccato e uno spreco; ci dovesse essere una seconda serie, speriamo che De Angelis rifletta sul latte versato e cerchi di curare meglio quello che gli rimane.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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