INCIDENTE NOTTURNO di Patrick ModianoRiconosco che è un po’ tardino per scoprire Patrick Modiano. Scrive dalla fine degli anni ’60, nel 2014 ha vinto il premio Nobel per la letteratura, ma solo qualche settimana fa ho notato un suo libro sullo scaffale della biblioteca, l’ho portato a casa e me lo sono letto, senza sapere di Modiano molto di più delle note sui risvolti di copertina. Incidente notturno è stato scritto nel 2003, ma è l’ultimo suo testo pubblicato in Italia, nel 2016, nei Supercoralli di Einaudi. Un personaggio di età indefinita – senza nome in un libro pieno di nomi – rievoca in prima persona un incidente subito in gioventù, in un indistinto passato, quando, di notte, una macchina guidata da una donna lo investe ferendolo leggermente. Entrambi vengono portati in ospedale; la donna gli tiene la mano; sprofonda in un sonno indotto dall’etere; poi un uomo lo avvicina e gli consegna una busta con una lettera e del denaro. Gli eventi al centro del romanzo non sono molti più di questi. Dalla notte dell’incidente, il protagonista comincia i suoi frustranti tentativi per rintracciare quella donna che l’ha ferito e gli ha tenuto la mano. Non c’è una figura materna nel passato del giovane. Quando era bambino, in un altro luogo, fu investito e una giovane donna viaggiò con lui nel furgoncino che lo portava all’ospedale, tenendogli la mano. Potrebbe essere (improbabilmente) la stessa donna? Potrebbe essere sua madre? Nel libro tutto sembra sdoppiarsi o moltiplicarsi, nello sfaldarsi dei piani temporali: ci sono due donne, due o più età del protagonista; due cani; due controfigure dell’immagine paterna (una che ne conserva le caratteristiche di ambiguo avventuriero; l’altra che incarna un altrettanto ambigua aura di autorità). Il padre l’ha già da tempo abbandonato al suo destino e alla sua precoce solitudine, in un movimento di allontanamento progressivo che si riflette anche nella topografia centrifuga dei loro incontri, che dal centro della città si spostano in zone sempre più periferiche. Topografia, toponomastica, onomastica occupano un ruolo centrale nel libro (come, scoprirò poi, anche nelle altre opere di Modiano, insieme ad altri elementi ricorrenti come i taccuini, la recherche, ecc.): strade e luoghi di Parigi che vengono attraversati dal sonnambolico flâneur sono puntualmente, puntigliosamente nominati, in una sorta di mappatura di un territorio psicogeografico vagato quasi in uno stato di trance attiva. A una toponomastica ossessiva che disegna una precisa mappa dello spazio, corrisponde una sostanziale indeterminatezza del tempo. E’ il narratore stesso a non riuscire a collocare gli eventi in epoche e momenti del passato; si accumulano e si sfaldano quindi il tempo senile della rievocazione mnestica, quello dell’infanzia, quello adolescenziale dell’abbandono paterno, quelli precedenti e successivi all’incidente fatale. Nel libro non ci sono date, le epoche rimangono confuse nel ricordo, indefinite e indeterminabili. E’ come se per tutta la vicenda il ragazzo si muovesse in uno spazio nebbioso e opaco, in cui solo i nomi servono a mettere dei punti fermi di riferimento, quei punti di riferimento di cui il giovane è alla ricerca, con mite disperazione e commovente tenacia. Come i luoghi sono precisati in un paesaggio mentale ai confini dell’onirico, così tutti i personaggi sono puntualmente identificati, quasi anagraficamente, con nome, cognome, indirizzo. Il narratore arriva al punto di annotare quelli, tutti falsi, con cui si registrava negli alberghi dove avevano luogo i suoi incontri con una giovane amante. Tutti hanno nomi, perfino immaginari; tranne il protagonista, il padre, la donna del furgoncino. E’ chiaro che il ragazzo non è alla ricerca semplicemente della sua investitrice, ma delle proprie origini e di un’identità che gli sfugge e che non trova appigli nel proprio passato. Incidente notturno finisce dunque per essere, letteralmente, un toccante romanzo di formazione postmoderno e postproustiano; la storia di un giovane alla ricerca di se stesso e di un approdo; di un ascensore che salga verso casa; di una persona al suo fianco che gli tenga una mano sulla spalla, e che gli sussurri una frase segreta all’orecchio. Un giovane così giovane da non ricordare il proprio passato e da non immaginare il proprio futuro; così giovane da desiderare che la gioventù si dissolva presto, e per sempre.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Febbraio 2024
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