HEIMAEY (Darkside, 2019) di Ian ManookAl ritorno da un breve tour in Islanda abbiamo pensato di leggere qualcosa di islandese. Alessandra ha letto un giallo di Indridason, io sono capitato su un altro giallo, scritto da un francese di origine armena e grande viaggiatore, Ian Manook. Lo scrittore si chiama in realtà Patrick Manoukian, è un esperto di comunicazione per il turismo e ha conseguito fama e successo letterario inventandosi una saga poliziesca in uno degli scenari apparentemente più improbabili, la Mongolia che fa da sfondo alla trilogia con protagonista il detective di Ulan Bator Yeruldelgger. Di nuovo alla ricerca di paesaggi estremi e inediti per le sue invenzioni giallistiche, stavolta ha ambientato Heimaey, primo romanzo di una nuova serie, in Islanda, cavalcando da outsider la potente onda del giallo nordico. Ma quello che mi ha più colpito e intrigato, nella lettura del libro, più che l'arruffato intrigo poliziesco, è proprio l'aspetto turistico della vicenda. In un libro dai molti personaggi, a dettare l'agenda è un padre che ha intrapreso un viaggio in Islanda da una parte per rivisitare i luoghi già visti in gioventù, dall'altro per tentare di riallacciare il rapporto, entrato in crisi dopo la morte della moglie, con la figlia adolescente. Ma la vacanza verrà stravolta da misteriosi personaggi dagli scopi oscuri che prendono di mira i due viaggiatori seguendoli, o meglio perseguitandoli, di tappa in tappa. Esattamente come noi, padre e figlia hanno programmato un giro classico, che fa praticamente il periplo dell'isola con tappe in corrispondenza delle principali attrazioni turistiche, che Manook racconta con ampie descrizioni e dovizia di particolari, cercando di cogliere lo spirito di un paesaggio che impressiona grazie alle manifestazioni di una natura che appare primigenia, assurda, aspra e affascinante nello stesso tempo. A confermare questa impostazione geo-turistica, contribuisce anche la titolazione dei capitoli, che scandiscono la narrazione grazie al nome dei luoghi dove si svolge l'azione, con il vezzo di sottotitolarli con le parole finali che concludono ciascun capitolo. Leggere Heimaey è stato quindi come ripercorrere quasi esattamente (con la differenza che i personaggi del libro fanno il giro in senso orario, mentre noi l'abbiamo fatto in senso antiorario) il nostro itinerario, rievocando di volta i paesaggi visitati e le emozioni che suscitano, e che anch'io ho brevemente evocato in un diario di viaggio che a breve pensavo di pubblicare sul sito. A partire dall'autonoleggio all'aeroporto, ai bagni termali della Blue Lagoon (noi siamo andati alla “blue lagoon del nord”, quella nei pressi del lago Mytvan, pure citata nel libro), al Golden Circle, con i geyser e la maestosa cascata di Gulfoss, alla capitale Reykjavik, a Hvitserkur con il suo mostruoso troll di pietra, a Husavik, capitale del whale watching, all'imponente Dettifoss, la cascata più potente d'Europa, al lago Mytvan, ad Akureyri, la capitale del nord dell'isola, a Hofn con il suo diner sul porto, alla laguna glaciale di Jokulsarlon, a Vik con il suo Hotel Puffin e la sua spiaggia di sabbia nera, e poi ancora ai paesaggi alieni delle solfatare, dei campi di lava, dei vulcani, dei laghi incastonati nei crateri... Non solo: il libro è infarcito anche di informazioni e aneddoti sull'Islanda, sugli islandesi e sulla vita in Islanda, molti dei quali conoscevamo già, da viaggiatori, avendoli letti sulle guide o avendoli scoperti sul campo; come la ricetta per la preparazione dello squalo marinato o l'aggressività di alcuni uccelli marini... Lo stesso stile letterario, semplice, diretto e divertito, sembra riservare molto più pathos al paesaggio che al giallo, capace di dilungarsi per interi paragrafi nella descrizione delle meraviglie naturali e delle atmosfere climatiche e di liquidare invece in poche righe gli avvenimenti più drammatici. Insomma, vi sto consigliando di leggere Heimaey più come un libro di viaggio: interessante e utile se programmate un giro da quelle parti; gratificante per il piacere del riconoscimento se ci siete già stati; comunque affascinante per sognare ad occhi aperti se proprio in Islanda non potete o non volete andarci. La trama comunque, anche nella sua improbabilità (forse le 452 pagine potevano essere sfoltite eliminando diversi episodi non essenziali), è gustosa e stuzzicante e si avvale di molti degli stratagemmi narrativi più in voga per catturare l'attenzione del lettore: dalla struttura del viaggio con i cambi continui di location; alla coralità del racconto che segue le vicende dei personaggi in una sorta di montaggio alternato che rilancia continuamente la curiosità lasciando dietro di sé dei cliffhanger che si risolveranno più avanti; alla stratificazione nel tempo che vede la chiave di alcuni drammi sepolta nel passato. C'è un cadavere spellato dalla vita in giù e infilato nella bocca di una solfatara, in omaggio alla leggenda dei necropant (ragionate sull'etimologia: è esattamente la cosa orribile che ne emerge); c'è il poliziotto ricattato dalla malavita lituana dopo essersi inguaiato con la terribile crisi economica seguita al 2008; c'è un commissario che canta litanie tradizionali in un coro femminile e un mafioso appassionato di citazioni colte; c'è una ragazza aspirante attrice che maschera il proprio malessere esistenziale dietro un naso rosso che si toglie solo per piangere; ci sono poliziotte giovani e intraprendenti, sia dal punto di vista professionale che sessuale; ci sono due gemelli con un tatuaggio complementare; ci sono marinai folli e hippy attempate, imprenditori digitali e signori dei corvi, musei della stregoneria e leggende ancestrali, una ragazza rapita e una sfracellata sulla scogliera, sacchi di cocaina scomparsi e pistole che cambiano di mano... Malgrado le improbabilità della trama (anzi delle trame), alla fine si finisce per affezionarsi un po' ai personaggi, e i nodi si ricongiungono, anche se l'epilogo è molto più sospeso di quanto ci si aspetterebbe...
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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