OPEN MOUTH BLUES ORCHESTRA al Centro culturale Valmaggi di Sesto S.G.Il centro culturale Valmaggi, giunto al 32° anno di età e guidato con mano ferma da Domenico Palmiotto, un ultraottantenne che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, è abituato alla buona musica. Ogni anno, infatti, la programmazione ospita (oltre a cineforum, mostre, teatro), la rassegna “Jazz e dintorni”, che ha portato ad esibirsi nel periferico seminterrato di Sesto San Giovanni, a poche centinaia di metri dalla tangenziale e dall'inceneritore, ma anche dall'antico borgo di Cascina de' Gatti e dal nuovo parco della Bergamella, alcuni dei migliori jazzisti dell'area metropolitana e non solo. Ma quando arriva l'Open Mouth Blues Orchestra (al suo terzo passaggio al Valmaggi), non si tratta più solo di buona musica. I concerti dell'Ombo sono una vera e propria festa musicale, e solo la compassata attitudine del pubblico del Valmaggi, abituato ad un ascolto serio e attento, che piace molto ai musicisti che lo frequentano, impedisce che la serata si trasformi in un happening con tutti in piedi a ballare e a tenere il ritmo. Nel piccolo locale (lungo e stretto, soffitti bassi), l'energia sprigionata dall'ensemble affollato sopra e ai piedi della pedana riservata ai performer, è formidabile. Quattro fiati, due chitarre elettriche, basso elettrico, tastiere, batteria, percussioni, due voci femminili e una maschile producono una potenza di suono davanti alla quale è davvero impossibile rimanere distratti o indifferenti (soprattutto per chi, come io, mia moglie e mio papà, fresco dei suoi 92 anni, è seduto nelle primissime file...). Che intenzioni abbia l'orchestra lo si capisce già guardandoli: i componenti sono di tutte le età, e l'abbigliamento eterogeneo comprende jeans, camicie bianche, gilet da dandy, fez da giovani turchi, camicie in tela indiana, magliette, t-shirt con l'effige di Miles Davis, e a rendere più omogeneo il tutto – si fa per dire – molte sciarpe multicolori. Un po' di tutto, insomma, perché l'Ombo nella rassegna “Jazz e dintorni” preferisce stare nei “dintorni”, senza stare dentro nessun confine. Come dice il nome stesso della band, tutto prende il via dal blues, la grande matrice della musica della diaspora afroamericana, ma poi discende lungo le età classiche del jazz e del blues per arrivare ai giorni nostri, ma soffermandosi soprattutto a seguire i mille rivoli che tra gli anni '60 e '70 portano via via alla sperimentazione e al free jazz, al funky, al reggae, alla disco, alla fusion e alla world music. Il concerto (ricostruisco la scaletta senza tenere conto dell'ordine di esecuzione) rende quindi omaggio alle grandi donne del jazz, con un inno al blues scritto da Mary Lou William (pianista, compositrice e arrangiatrice che attraversò la storia del jazz dagli anni '20 a tutti i '80, incrociando la strada dei più grandi, da Armstrong e Ellington fino a Parker, Davis, Monk), con Strange Fruits, incisa da Billie Holliday contro l'ostracismo dei discografici per raccontare delle violenze contro i neri, e con I Put a Spell On You, scritta da Screamin' Jay Hawkins, cantata da una miriade di interpreti, da Nina Simone a Annie Lennox, e riportata alla ribalta dalla colonna sonora di 50 sfumature di grigio. Il concerto offre poi uno standard di Bing Crosby, fa sprizzare energia da un paio di brani dell'Art Ensemble of Chicago, rende omaggi a Bob Marley (con il limpido ritmo caraibico della pacifista Redemption Song) e a Tom Waits (con un brano originale del gruppo, A Sac for a Soul, a lui ispirato), rievoca atmosfere blaxploitation con Pusherman di Curtis Maysfield (nella colonna sonora di Superfly), anche nella chiave più politica dell'Attica Blues di Archie Shepp, mescola gli Steely Dan all'impeto struggente dell'Ultimo tango a Parigi di Gato Barbieri, fino ad arrivare ai nostri giorni con l'irresistibile Gone Under, un brano degli Snarky Puppy (che sono evidentemente uno dei gruppi di riferimento dell'Orchestra) cantato in originale da Shayna Steele. Oltre al godimento di un grande afflato musicale, quello che rende speciale un concerto dell'Open Mouth è l'evidente passione e divertimento dei musicisti, guidati da un Lorenzo Vergani che si prodiga a presentare i brani, a soffiare nel suo sassofono, ad azionare altri eterogenei strumenti sonori (sirena, fischietti, richiami per uccelli, corni, ecc.) a ballare e a sbracciarsi, a navigare in mezzo ai suoi sodali distribuendo parti e assolo. Troppi stretti i limiti orari del centro Valmaggi (si inizia puntuali alle 21.30 ma si finisce altrettanto inderogabilmente alle 23 per problemi di vicinato) per farci stare dentro tutta l'energia e l'irruenza dell'Ombo: poiché sono coinvolti in un progetto del Comune di Milano per la rivitalizzazione delle periferie, conviene tenere d'occhio la loro pagina Facebook e segnarsi le date in agenda per seguirli di piazza in piazza. Tutti bravi i membri dell'orchestra, spero di non fare gaffe citando la formazione così come annunciata: Lorenzo Vergani - Sax Tenore, Direzione; Mirko Nosenzo - Sax Contralto, Soprano, Flauto; Amedeo Azzalin - Sax Baritono, Tenore; Luigi Ducci - Tromba, Flicorno; Silvia Rainoldi – Voce; Ylenia Danini – Voce; Andrea Depau – Voce; Giustino Meli – Chitarra; Giampaolo Berrettini - Piano, Hammond, Synth; Andrea Cagnetta – Basso; Gaetano Cappitta – Percussioni; Guido Masson – Batteria; Pino Cagnetta – Chitarra. “Jazz e dintorni” prosegue ogni venerdì sera, con inizio concerti alle 21.30, fino al 6 marzo, quando chiuderà la rassegna il grande pianista Michele Di Toro. Il centro culturale “Valmaggi” è in via Partigiani 84, l'ingresso – ebbene sì – è gratuito.
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FELLINI 100 - GENIO IMMORTALE |
AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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