Dove visitiamo la città barocca, ci sono i clown al posto di 110 musicisti, prendiamo la teleferica insieme all'Emmanuelle Beart messicana; dove mangiamo bene nel labirinto e male al Mitcoan; e dove viene mantenuto il segreto sulla ricetta della sangrita e le strade risuonano di serenate.31 luglio, giorno 21 ZACATECAS Arriviamo a Zacatecas, prima perla della collana delle più belle città coloniali del nord. Prima di tutto cerchiamo un albergo. In un uno non ci fermiamo perché è troppo caro, ma sono talmente gentili da custodirci gli zaini mentre noi andiamo a cercarne un altro! Ci fermiamo all’Hotel de la Condesa: 110$, c’è tutto, anche se gli asciugamani sono un po’ in ritardo, e, dal secondo giorno, funzionerà pure l’ascensore. Riposino, visto che la notte l’abbiamo passata in bus. Nel pomeriggio visitiamo Zacatecas, che è bellissima e vanta alcune superbe chiese barocche (qui il barocco è plateresco, armonioso anche nei suoi eccessi più deliranti), come la cattedrale, San Agustin, San Domingo, ecc. La pietra delle costruzioni coloniali spesso ha un colore rosa carnoso. All’ufficio del turismo mi sembra di capire che davanti al Teatro Juarez si tiene un concerto con 110 elementi; troppi, e in effetti c’è solo uno spettacolo di clown. Chissà cos'ho capito. Andiamo a vedere il convento e l'ex-chiesa di San Francisco, scoperchiata. La cena a prezzo fisso da Mr Laberinto è ottima e prevede crema ai fiori di zucca, spaghetti, petto di pollo in salsa, bistecca alla portoghese e cocktail di frutta. Nelle piazzette e nei vicoli, la sera, risuonano musiche e canzoni: forse sono la callejoneadas, a metà tra serenate e concertini gratuiti. 1 agosto, giorno 22 ZACATECAS – GUADALUPE - ZACATECAS Al mattino prendiamo un bus che ci porta a Guadalupe, una cittadina adiacente a Zacatecas. Visitiamo la missione, una noiosa pinacoteca, un museo dei trasporti. Saliamo quindi da Zatecas con il teleferico. Purtroppo c’è un’ora di coda, per fortuna in coda c’è una ragazza da guardare, bella come un’Emmanuelle Beart messicana. Traversata, chiesa, ampio panorama, acquistiamo una collanina. Per cena torniamo da Mr Laberinto, dove ci siamo trovati molto bene, che però non ha più il menù: decidiamo allora di cambiare e andiamo al Mitcoan, dove io mangio malissimo, una bistek al tequila tanto piccante da dare i brividi. Abbiamo ordinato anche della sangria; il cameriere prima si dimentica, poi porta un beverone imbevibile. Gli chiediamo cos’è, lui insiste nel dire che è sangria, noi gli chiediamo con che cosa è fatta, lui prima non dice gli ingredienti, poi dice che è sangrita. La sangrita sul menù non c’è. Al momento di pagare ce la mette in conto, ma poi ce la toglie pur di non dirci com’era fatta. Per fortuna c’è anche un bel gruppo musicale, gli Olinka, con una brava cantante, un musicista simpatico e un buon repertorio. Bella serata, nonostante il menù. Compriamo una rosa di Zacatecas, fatta della pietra rosa che c’è qui. P.S.: oggi, a posteriori, possiamo dire risolto il mistero della sangrita e capire i motivi della nostra reazione: si prepara con tequila, succo di pomodoro, arancia e lime, cetriolo e sedano, sale, pepe e tabasco rosso.
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Dove viaggiamo tra i fichi d'india e vediamo un vulcano eruttare a Los Angeles; dove andiamo in un albergo ad ore, guardiamo bimbi che ballano e adulti che svengono; e dove andiamo alla cerimonia dei quinze e al concerto di (quasi) Liberace.2 agosto, giorno 23 Zacatecas – SAN LUIS POTOSI' Arrivare direttamente a Guanajuato, come avevamo pensato inizialmente, si rivela difficile. Decidiamo quindi di effettuare una tappa intermedia a San Luis Potosì. Lungo il percorso il paesaggio collinare è punteggiato da innumerevoli fichi d’india (tunas), e la strada costeggiata da innumerevoli bancarelle di fichi d’india. Sul bus danno “Volcano”, di Mick Jackson, con Tommy Lee Jones protagonista: quegli incorreggibili degli americani con tutti i guai che già si ritrovano si inventano pure un vulcano a Los Angeles pur di farci divertire un po’. Arriviamo, prendiamo un bus per il centro, ma una signora ci porta fuori strada. Entriamo in un albergo dall’aspetto dimesso ma la signorina nella squallida reception ci guarda e ci induce a desistere, spiegandoci che si tratta di un albergo “de paso”. Alessandra non capisce che si tratta di un albergo ad ore, e per un po’ insiste a dire alla signorina che noi “siamo de pasos”, si rivolge anche a me che cerco di portarla via, insistendo “ma noi SIAMO de pasos!”. Una volta trascinata via, spiego l'equivoco, peraltro spassoso, ad Alessandra e alla fine approdiamo all’Hotel Principal (80$), comunque brutto. L’ufficio del turismo è chiuso, come pure tutti i musei. Mangiamo hot-dog (perros calientes), visitiamo il centro e assistiamo ad uno spettacolo di danza di un gruppo infantil promosso da Sindacato unico de trabajadores al servicio del gubierno del Estado. Con tutto il rispetto per i bimbi e per i rispettivi genitori, per il sindacato unico e per le nobili tradizioni del Potosì, noi ci divertiamo tanto e dobbiamo frenarci per non scoppiare in risate che potrebbero essere offensive. I bambini ballano, sbagliano, nella danza con i fazzoletti si sbattono involontariamente i fazzoletti gli uni in faccia agli altri. Ovviamente sono compresissimi nella parte, e sono divertenti e teneri. Benché non ne abbia preso nota nei miei appunti, suppongo che sia qui che abbiamo assistito anche ad un balletto folkloristico con adulti, la cui particolarità era nella serie di svenimenti a ripetizione dei danzatori che cadono in diversi, uno dietro l'altro, come birilli, stroncati dal caldo, che vengono puntualmente portati fuori a braccia mentre gli altri continuano imperterriti, si fa per dire, la danza. Siamo nel pieno nell’altopiano, a quasi 2000 metri di altezza, ma il caldo è potente. E credo sia sempre qui che assistiamo ad una strana cerimonia in chiesa, dove c’è una specie di matrimonio in piena regola con fiori, amici e parenti, e con una ragazza giovane vestita da sposa, ma senza lo sposo. Incuriositi chiediamo ad una donna di cosa si tratta e lei ci dice che si tratta dei “quinze”. Capiremo poi che è festa e una sorta di rito di passaggio all’età adulta per le ragazze(allo scoccare appunto dei quindici anni), qui molto sentita. Alla Posada de Virny, sulla piazza principale, mangiamo filete de pescado al mojo de ajo e chuleta alla parilla. Paghiamo con la carta di credito, e un’autorevole cameriera si rivela abilissima nel farsi dare la mancia. San Luis è simpatica anche di sera, con parecchia musica in giro, nelle strade, nei bar (ci piacerebbe fermarci ma non troviamo posto) e in chiesa, dove si sta tenendo un concerto un po’ assurdo, con pianoforte a coda bianco alla Liberace, sovrabbondanza di basi registrate, consunti evergreen e pubblico consenziente e plaudente. In bagno una cucaracha, alla quale sconsigliamo di darci fastidio. |
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