Dove il telefono squilla nella notte, dove passiamo dal deserto sul livello del mare alle pinete di montagna, dove si fanno chiacchiere da treno e si parla di incidenti ferroviari, dove vediamo un super canyon, prendiamo appuntamento con il vecchio cow-boy e rincontriamo Aleyda.27 luglio, giorno 17 Los Mochis – DIVISADERO (Barranca del Cobre) - CREEL Sogni, rumori, poi alle 4 suona il telefono. E’ la reception, che per motivi a noi imperscrutabili ci informa che sono le 4. Ne prendiamo atto. Alle 4.50 suona di nuovo il telefono. E’ la reception che ci avvisa che è arrivato il taxi che avevamo prenotato per le 5.15. Siamo un tantino contrariati, ma ci prepariamo e partiamo. Fuori è ancora notte. La stazione di Los Mochis è fuori città, a casa di Dio, in un posto squallido e pieno di zanzare nella mattinata non ancora iniziata. Arriva il segnale dell’imbarco. Il treno, della Ferrocaril Chepe, è più brutto di quello che ci aspettavamo e ieri abbiamo letto sulle prime pagine dei giornali che a causa della pioggia e dell’umidità c’è stato un incidente sulla linea dopo Creel (dove stiamo andando noi) con due morti e diversi feriti. Comunque si parte. Finora siamo andati sempre da nord (Los Angeles) verso sud (fino a La Paz), ma da La Paz a Los Mochis, e poi a Creel e a Chihuahua, invertiamo la direzione, risalendo in aereo, treno e bus in direzione nord-est. Si fa chiaro. Per un pezzo il paesaggio non ha nulla da dire, poi compaiono boschetti con in mezzo cactus che cercano di assumere un’aria disinvolta. Poi tutto si anima: prima colline, poi montagne con boschi, fiumi, laghi, ampie vallate, formazioni rocciose, ponti, gallerie. Alessandra ordina un platillo con sandwich e sandia (anguria). Ora viaggiamo in quota, in mezzo alle pinete della Sierra Madre; solo l’altro ieri eravamo tra l’oceano e il deserto. Il percorso è molto suggestivo; ogni tanto vado sui mezzanini, che non hanno vetri e da cui si possono scattare foto indisturbati. Chiacchieriamo a lungo in inglese, di Italia, Europa, Veracruz, vulcani, incidenti ferroviari, ecc., con Aleyda, una veracruzana sposata ad uno statunitense di origine italiana. Poi chiacchieriamo anche con un torinese che viaggia con un’ispanica e che è un veterano del turismo in Mexico; non ha trovato mezzi per raggiungere la Baja e ora ripiega su Creel, da dove ha intenzione di raggiungere il fondo del canyon. Raggiungiamo la fermata di Divisadero, dove ci fermiamo un quarto d’ora. E’ il punto panoramica più famoso e spettacolare sopra la Barranca del Cobre, a 2500 metri di altezza. La Barranca è un insieme di canyon, solcati da numerosi fiumi, con alcune grandi spaccature (profonde fino a 1500 metri) e un labirinto di canyon minori. Tra i panorami rivaleggia in ampiezza (è molto più grande) e in profondità (è più profondo) con il Grand Canyon (che vedremo tra una decina d’anni), ma i colori delle rocce dell’Arizona sono di gran lunga più suggestivi. La vista è spettacolare, ma il cielo si è annuvolato. Scatto qualche foto, poi si riparte. Dopo un paio d’ore di nuovo tra ponti e gallerie arriviamo a Creel. Direttamente alla stazione veniamo rapiti da un ragazzino in bicicletta che ci porta da Margarita, dove non c’è posto, e quindi da Berti, dove per 120$ prendiamo una camera da 4, grande e bella, con mobili in legno. Facciamo un giro per Creel, cercando informazioni sulle escursioni possibili, e prendiamo dei mezzi accordi con un vecchio cow-boy dotato di pulmino. Nel pomeriggio piove, e pare che qui lo faccia tutti i giorni. A cena di nuovo crema de elote, comida corrida, pollo, torta con gelatina scarlatta. Incontriamo Aleyda e suo marito Charlie, scopriamo che abitano a Judad Juarez, e facciamo una piacevole chiacchierata. Ci mangiamo un gelato, poi a dormire.
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