Dove mangiamo cose prese dal mare, lasciamo il mare e la Baja California; dove Alessandra compie gli anni, viene assalita da una cucaracha gigante e sventa un secondo tentativo di sabotaggio; dove c'è l'empacador e gli svizzeri parlano di treni; dove compriamo una macchinetta e andiamo a dormire presto.25 luglio, giorno 15 LA PAZ – PLAYA PICHILINGUE – LA PAZ Di nuovo a Playa Pichilingue, dove proviamo l’altro bar, una palapa in legno col tetto di paglia. Se vi piacciono i frutti di mare tenete presente che su queste spiagge, una volta che avete ordinato, un signore parte, entra in acqua e ve li preleva direttamente, dal mare al vostro piatto. Facciamo gli ultimi bagni, poi per il resto del tragitto il mare contiamo di non vederlo più. Devo dire che la Baja California a questo punto cominciava a piacerci, e anche parecchio. Preleviamo, poi la sera ceniamo con crema de elote e gamberi al burro in un ristorante sul mare. In pensione prepariamo gli zaini e puntiamo la sveglia. Abbiamo preso accordi e avuto conferma che domani mattina verrà a prenderci il taxi numero ocho che ci porterà all’aeroporto per 70 $. 26 Luglio, giorno 16 La Paz – LOS MOCHIS Ci svegliamo che è ancora notte. E’ il compleanno di Alessandra, che, a dispetto della lieta ricorrenza, in bagno viene assalita ad una gamba da una cucaracha gigante e alata e scappa saltellando e gridando “Uh diu, uh diu!”. Probabilmente ci siamo svegliati troppo presto e a nostra volta abbiamo disturbato la privacy degli esseri che condividono con noi gli ambienti della pensione negli orari notturni. Il taxi alle 6 arriva davvero, facciamo un rapido check in aeroporto, sorvoliamo in 25 battibalenanti minuti il Golfo di California e atterriamo dall’altra parte. Prendiamo un colectivo sovrafollato verso il centro di Los Mochis: l’autista ci scarica all’Hotel Catavina riscuotendo un’adeguata propina. Facciamo un giro a Los Mochis, intanto che si libera e ci preparano la camera. Ne approfittiamo per prenotare il treno per l’indomani e Alessandra - di nuovo! - provvidenzialmente corregge l’impiegata che evidentemente fa parte di una congiura ordita per depistarci. Los Mochis è brutta, calda e piena di una vivace confusione, affollata di negozi e di mercati. Nei supermercati ad ogni cassa c’è un ragazzino minorenne: è l’empacador, addetto ad infilare gli acquisti nella borsa della spesa. Compriamo una macchinetta fotografica giusto per supplire alla defaillance dell’apparecchio ufficiale che si rifiuta di autoaggiustarsi. Tornati all’albergo scambiamo qualche parola con degli svizzeri di Neuchatel con argomento treno e facciamo una merenda a base di pane e Philadelphia. In hotel c’è l’aria condizionata, ma non gli asciugamani e la tv non funziona. Alla reception prenotiamo un taxi per domani mattina alle 5.15, altra levataccia. Quindi nel pomeriggio ci concediamo un riposino, poi in un vicino ristorante facciamo una cena con crema de elote, milanesa (sì, una cotoletta impanata, più o meno come la conosciamo noi!) flan e banana split. Los Mochis ha una sua vivacità anche notturna, con locali squallidi ma dove evidentemente si beve birra e si fa festa. Noi però andiamo a dormire presto vista l’ora di partenza di domani mattina; la notte è comunque agitata.
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