Dove i pesci saltano fuori dall'acqua, raggiungiamo la paz, approdiamo alla Pension California, non miriamo la stufa però il tramonto è favoloso.21 luglio, giorno 11 LORETO – LA PAZ Ultima mattinata a Loreto. Andiamo in una spiaggia a sud della città. Facciamo il bagno nel mare del Golfo di California; davanti a noi i pesci saltano fuori dall’acqua. Una doccia, un salto in banca, e poi siamo pronti per la partenza. Mangiamo uova al tocino e omelette e chiacchieriamo con un viaggiatore solitario, poi ci imbarchiamo alla volta di La Paz. Fa caldo e a bordo non c’è aria condizionata, e neppure film. In compenso il paesaggio fuori dai finestrini è bello, montagne rocciose e deserte, ma anche begli scorci di mare e spiagge. A La Paz prendiamo un taxi verso il centro; dopo aver visionato diversi tuguri improponibili approdiamo alla Pension California. C’è un cortile dipinto di rosso, bianco e celeste; ai muri sono appesi quadri, gusci di tartaruga e piccoli coccodrilli. Poi c’è un pappagallo (vivo), una televisione, una lavatrice, una cucina. Alessandra chiede informazioni sull’habitacion, la tipa dice che c’è anche la stufa per cucinare. Alessandra chiede “Se puede mirar?” e la tipa risponde stupita “La stufa?!”. Ridiamo; la camera è disadorna, bianca e celeste, con ventilatore al soffitto, e costa 95 $. La prendiamo. Usciamo per fare un giro per La Paz. Il tramonto è molto bello; siamo sulla costa della penisola rivolta ad est, che però in questo punto si arricciola all’indietro, cosicché LP è in grado di offrire una serie di spettacolosi tramonti. Ma fa troppo caldo, per cui saltiamo la cena a favore di un gelato da Bing. Prendiamo un po’ di informazioni, in un’agenzia turistica sulle escursioni, e all’ufficio del turismo sulle spiagge. Nei dintorni di La Paz ci sono una serie di spiagge tra mare e deserto, e ci daremo da fare per visitarne un po’.
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Dove diamo i nomi ai pesci e dove loro ci mordicchiano i polpacci; dove i cactus vanno al mare, dove Alessandra deve svuotare i bicchieri, dove le navi sono piene ma gli aerei no; dove incontriamo una strana mamma capace di portare due o tre bambini su un elefante e di abbandonarli ad una sconosciuta; e dove le notti sono davvero molto calde.22 luglio, giorno 12 LA PAZ – PLAYA DE PICHILINGUE – LA PAZ Prendiamo un bus per Pichilingue (per 10 $), dove c’è il porto per il ferry, e a piedi raggiungiamo la spiaggia omonima. E’ bella: sabbia chiara, acqua trasparente, bar ristorante sulla spiaggia con ombra e rinfreschi. Inauguro una serie di bellissimi bagni con la maschera. Vediamo un sacco di pesci, ai quali, per la nostra ignoranza, attribuiamo nomi di fantasia. Si chiamano, ad esempio, a seconda della forma e del colore: pesci tigre, pesci siringa, pesci istrice, pesci metrò, pesci senza nome, e così via; e inoltre conchiglie e granchi. Facciamo uno spuntino al bar della spiaggia con insalata di tonno. Come succede spesso da queste parti c’è una laguna interna, dove avvistiamo dei trampolieri. Salgo su una collinetta per fare una foto: il paesaggio è molto particolare e selvaggio, con il deserto che incombe e che si spinge con tanto di cactus quasi fino al mare. Altri bagni, poi ritorno col bus. Alla pensione facciamo conoscenza con una tipa strana. E’ italiana, ed è in giro con tre bambini neri, di età varie. Conversando con lei scopriamo che: 1) abita dietro il duomo di Cremona; 2) insegna; è una precaria: abilitata in inglese, laureata in francese, insegna spagnolo; 3) varie altre cose su cui si diffonde nelle seguenti giornate (vi ho rovinato la sorpresa anticipando che la rincontreremo?). Non scopriremo mai se esista un padre dei tre bambini (ammesso che lei sia la madre) e se sì dove si trovi (ora, ma anche quando lei portava i bimbi sull’elefante in Thailandia…). A quanto capiamo le sue vacanze, o viaggi, o avventure o disavventure, durano mesi e spaziano nei continenti. Siamo decisamente incuriositi. Cena a base di hamburger sul lungomare. Ma le notti sono caldissime, si dorme a fatica. 23 luglio, giorno 13 LA PAZ – PLAYA EL TESORO – LA PAZ Per prima cosa andiamo alla Sematur per prenotare il traghetto che attraversa il Golfo, ma ci rispondono che, a causa anche delle vacanze scolastiche, non c’è posto per una settimana intera! Ci precipitiamo quindi in un’agenzia di viaggio e cerchiamo un aereo che ci riporti sul continente. Per circa 500 $ prenotiamo un volo per il 26, e Alessandra sventa un tentativo di sabotaggio dell’impiegata che per errore sta va per farci volare a Mazatlan anziché Los Mochis. Abbiamo rinunciato a raggiungere Los Cabos (ovvero Cabo San Lucas e San Josè del Cabo), un po’ dando credito ai giudizi snob della guida Clup (e quasi sicuramente è un gigantesco errore che ci fa perdere forse la parte migliore della zona), un po’ perché il tempo è quello che è, e un po’ perché alla Baja California ci sembra di aver già dato una parte sufficiente di noi stessi. Sistemato il piano di esodo dalla Baja, possiamo rilassarci e prendercela comoda. Alessandra si beve il primo di una serie di licuados, una sorta di ricco frappè. Una signora glielo versa dal bicchierone dove l’ha appena preparato, ma non ci sta tutto nel bicchiere. Alessandra dice che va bene così, ma la tipa le impone autoritariamente “Tomalo”. Ale beve per svuotare un po’ il bicchiere, ma non è sufficiente. La signora non è soddisfatta finché Alessandra non ha bevuto per la seconda volta, e poi per la terza volta, in modo da poter svuotare tutto il contenitore del licuado nel suo bicchiere. I suoi autoritari “tomalo” diventeranno proverbiali. Una variante dei licuados sono le acuas, probabilmente meno sostanziose. Prendiamo un bus per Playa El Tesoro, che si rivela più piccola di Pichilingue, ma molto carina, con acqua bassissima e pesciolini che vengono a mordicchiarti amichevolmente i polpacci. Al ritorno passiamo dall’hotel da dove ci hanno detto parte un trasporto gratuito per Playa Tecolote e prendiamo accordi. Ceniamo su un ristorante sul mare: buono, ma il servizio è lento. Mangiamo sopa de tortillas e pescado relleno de mariscos. In hotel ritroviamo la cremonese che sta mangiando corn flakes al cioccolato insieme alla bambina più grande. Scopriamo quindi che: 1) è stata a Cabo San Lucas che le è piaciuta e ha deciso di trasferirsi lì per un mese, mandando a monte un complicatissimo piano di viaggio (Barranca del Cobre + Oaxaca per la fiesta + Caribe per il mare) che ci aveva esposto solo la sera prima! 2) trovata casa per 600 dollari al mese, ha abbandonato lì i bambini più piccoli ad una signora appena conosciuta. Le esperienze di viaggio precedenti (Mexico, Cuba, Puerto Rico, Venezuela) includono anche un viaggio in Thailandia dove a) il piccolo Quincey (nove mesi all’epoca) ha imparato a camminare sulla spiaggia di Koh Samui (il suo equilibrio motorio ne ha risentito un pochino); b) a Chiang Mai (ci siamo stati e sappiamo di cosa parla: le nostre esperienze più pertinenti sono le torrenziali piogge monsoniche e un giretto da pensionati su un elefante turistico) ha portato i tre figli, piccoli e/o piccolissimi su un elefante che saliva su una montagna: alla fine, pur riluttante, ha dovuto affidare Quincey al conduttore, poiché da sola non riusciva più a tenere tre bambini insieme. Siamo sotto shock, in compenso avremo un argomento di conversazione per settimane e un aneddoto da raccontare per anni. Le notti sono sempre eccessive: Alessandra decide di dormire sul pavimento, giusto sotto il ventilatore che spazza l’aria calda. Dove mangiamo cose prese dal mare, lasciamo il mare e la Baja California; dove Alessandra compie gli anni, viene assalita da una cucaracha gigante e sventa un secondo tentativo di sabotaggio; dove c'è l'empacador e gli svizzeri parlano di treni; dove compriamo una macchinetta e andiamo a dormire presto.25 luglio, giorno 15 LA PAZ – PLAYA PICHILINGUE – LA PAZ Di nuovo a Playa Pichilingue, dove proviamo l’altro bar, una palapa in legno col tetto di paglia. Se vi piacciono i frutti di mare tenete presente che su queste spiagge, una volta che avete ordinato, un signore parte, entra in acqua e ve li preleva direttamente, dal mare al vostro piatto. Facciamo gli ultimi bagni, poi per il resto del tragitto il mare contiamo di non vederlo più. Devo dire che la Baja California a questo punto cominciava a piacerci, e anche parecchio. Preleviamo, poi la sera ceniamo con crema de elote e gamberi al burro in un ristorante sul mare. In pensione prepariamo gli zaini e puntiamo la sveglia. Abbiamo preso accordi e avuto conferma che domani mattina verrà a prenderci il taxi numero ocho che ci porterà all’aeroporto per 70 $. 26 Luglio, giorno 16 La Paz – LOS MOCHIS Ci svegliamo che è ancora notte. E’ il compleanno di Alessandra, che, a dispetto della lieta ricorrenza, in bagno viene assalita ad una gamba da una cucaracha gigante e alata e scappa saltellando e gridando “Uh diu, uh diu!”. Probabilmente ci siamo svegliati troppo presto e a nostra volta abbiamo disturbato la privacy degli esseri che condividono con noi gli ambienti della pensione negli orari notturni. Il taxi alle 6 arriva davvero, facciamo un rapido check in aeroporto, sorvoliamo in 25 battibalenanti minuti il Golfo di California e atterriamo dall’altra parte. Prendiamo un colectivo sovrafollato verso il centro di Los Mochis: l’autista ci scarica all’Hotel Catavina riscuotendo un’adeguata propina. Facciamo un giro a Los Mochis, intanto che si libera e ci preparano la camera. Ne approfittiamo per prenotare il treno per l’indomani e Alessandra - di nuovo! - provvidenzialmente corregge l’impiegata che evidentemente fa parte di una congiura ordita per depistarci. Los Mochis è brutta, calda e piena di una vivace confusione, affollata di negozi e di mercati. Nei supermercati ad ogni cassa c’è un ragazzino minorenne: è l’empacador, addetto ad infilare gli acquisti nella borsa della spesa. Compriamo una macchinetta fotografica giusto per supplire alla defaillance dell’apparecchio ufficiale che si rifiuta di autoaggiustarsi. Tornati all’albergo scambiamo qualche parola con degli svizzeri di Neuchatel con argomento treno e facciamo una merenda a base di pane e Philadelphia. In hotel c’è l’aria condizionata, ma non gli asciugamani e la tv non funziona. Alla reception prenotiamo un taxi per domani mattina alle 5.15, altra levataccia. Quindi nel pomeriggio ci concediamo un riposino, poi in un vicino ristorante facciamo una cena con crema de elote, milanesa (sì, una cotoletta impanata, più o meno come la conosciamo noi!) flan e banana split. Los Mochis ha una sua vivacità anche notturna, con locali squallidi ma dove evidentemente si beve birra e si fa festa. Noi però andiamo a dormire presto vista l’ora di partenza di domani mattina; la notte è comunque agitata.
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