Dove Jalisco non perde mai ma a Città del Messico c'è lo smog; dove andiamo nella piazza dei mariachi, nella piazza degli scrivani e nella piazza degli arcobaleni; dove andiamo nell'albergo di Lawrence e in un bar alla Lowry, e dove al Café Popular chiudiamo alcuni cerchi: con il viaggio dell'anno scorso, e con un incontro improbabilissimo...8 agosto, giorno 29 Queretaro – CIUDAD DE MEXICO Ci facciamo portare in taxi alla central camionera. Faccio una telefonata a casa, ed è la fregatura della vacanza: la telefonata mi costa $ 72! quasi come una notte in albergo. Prendiamo un bus della Primera Plus. A bordo danno un film messicano assurdo, con un eroe mariachi e un titolo impagabile (“Jalisco non pierde nunca”). Arriviamo a Mexico immersa in una caligine allucinante. Depositiamo i bagagli alla stazione ($23 per 24h) e prendiamo la metro per il centro ($ 1,5). Ci sistemiamo all'Hotel Montecarlo: secondo la Clup ci ha dormito anche Lawrence. Siamo a Ciudad Mexico, a distanza di circa tredici mesi dalla nostra prima visita. Facciamo un giro per il centro, cominciando dallo Zocalo, poi in Plaza San Domingo (dove ci sono gli stampatori e sotto i portici i dattilografi al servizio del pubblico) e in Plaza Garibaldi, spettacolare punto di riunione dei mariachi, dove per tutta l'estensione della piazza si raggruppano decine e decine di bande di mariachi in costume da mariachi. Tentiamo di raggiungere Plaza Tres Culturas in metro, ma poi ci rinunciamo: troppo caldo, troppa stanchezza, troppi cambi, troppa folla. Ci riposiamo invece un po' all'Alameda, dove aggiorno il diario, guardiamo gli arcobaleni sull'acqua della fontana e ci rinfreschiamo la gola con un gelato alla piña colada. C'è un temporale in arrivo. Prendiamo un aperitivo sulla terrazza al settimo piano dell'Hotel Majestic, margarita e naranjada, mentre sulla città comincia a scendere la pioggia. Vicino a noi, una coppia in crisi come nei romanzi di Bowles o di Lowry: lei fa cadere tutto, barcolla, le bibite schizzano sullo specchio. A cena, per uno strano sentimentalismo, forse perché ci piace il nome, torniamo al Cafè Popular, dalla mitica aria dimessa, e alcuni cerchi si chiudono: abbiamo cenato qui il 14 luglio dell'anno scorso, all'inizio della nostra prima campagna messicana, e nel locale, nel modo più improbabile, incontriamo una delle ragazze portoricane che in macchina con noi cantava a squarciagola “me gusta a ti!”, a distanza di migliaia di chilometri da Creel, dove ci siamo conosciuti, e in mezzo a una megalopoli di 20 milioni di persone. Ci stupiamo e ci rallegriamo reciprocamente dell'improbabile incontro; chiacchieriamo: lei vive qui a Mexico City, dove studia arte. Mangiamo messicano, e popular: un consommè di pollo con uovo, sopa azteca, ecc., e per finire, una doverosa porzione di platanos fritos con crema...
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