Dove ci addentriamo nella terra del peyote e dei tarahumara (dove compriamo la bambola più brutta del mondo); dove vediamo cascate e laghi; dove il Messico si rivela essere piccolo e dove la bistecca del ranchero si mangia in brodo; dove ci imbarchiamo con le portoricane, ma il van si rompe, la campagna diventa hardcore e sui sedili si balla "Me gusta a ti".28 luglio, giorno 18 CREEL – CUSARARE – Lago di Arareco - CREEL Ci rechiamo in piazza, alla ricerca di una gita. Aspettiamo un po’ e ci guardiamo intorno, poi alla fine prendiamo un’escursione in minivan verso Cusarare (50$), insieme ad una famigliola messicana. A Cusarare, in un bell’ambiente alpestre, c’è una bella cascata, sulla quale papà e bimbetta della nostra gita si arrampicano come ragni fanatici. Siamo nella terra del peyote (i funghi allucinogeni) e dei tarahumara (indios di montagna visitati ai suoi tempi da quel pazzo di Artaud) e Alessandra compra una bambola fatta da loro. E’ scolpita molto rozzamente nel legno e ricoperta di abiti tipici. La regaleremo alla nipotina Anna, che ben lungi dall’apprezzare il bel gesto politicamente corretto e responsabilmente equosolidale (avrebbe preferito una Barbie?!) non la degnerà di uno sguardo (riguardandola oggettivamente, lontani dalla Sierra Madre, è francamente orrenda) e la abbandonerà a casa nostra con tacito disprezzo. Proseguiamo per la missione, poi raggiungiamo il lago Arareco. Da lontano, due ci salutano da una barca a remi; li guardiamo perplessi finché li riconosciamo: sono Aleyda e Charlie! Il Mexico è veramente piccolo. Visitiamo quindi delle caverne; mentre il papà parla con la ragazzina Gavina il piccolo Ramon mi si appende alla macchina fotografica. Torniamo a Creel, facciamo un riposino e lasciamo passare la pioggia pomeridiana. Poi facciamo una passeggiatina e andiamo a cenare. La bistek a la ranchera risulta inaspettatamente tutta tagliata a pezzettini e in brodo (sic); più prevedibile l’hamburgesa con su papas. 29 luglio, giorno 19 CREEL – LA BUFA - CREEL Di nuovo in piazza alla ricerca di un’altra gita, tra la “cooperativa” degli autisti. Quattro ragazze vanno alla Bufa (costa 140$) e decidiamo di aggregarci a loro. Però prima devono passare a prendere i bagagli, cambiare albergo, poi l’autista deve passare a prendere i soldi per la benzina, poi deve farla; insomma, la partenza si rivela piuttosto laboriosa e lungagginosa. Alla fine partiamo, poi ad un certo punto abbandoniamo la strada principale per affrontare decine di chilometri di strade sterrate. Ma ci sono avvisaglie che qualcosa non va, e l’autista fa la faccia preoccupata. Giustamente, infatti poco dopo il van si guasta e siamo costretti a fermarci. L’autista parte per andare a cercare aiuto nelle fattorie e qualcuno viene ad aiutarlo. Noi e le ragazze ci guardiamo in giro, in un piacevole paesaggio bucolico-montano. Ci sono cavalli, asini, muli, mucche, vitelli; contrariamente a quello che si potrebbe aspettare, l’ambiente è piuttosto animato: ci sono muli che scalciano con veemenza, e alcuni approcci tra asini assumono presto un carattere sessualmente spinto. Le ragazze, che sono delle vivaci portoricane, vanno in bagno, che sarebbe una baracchetta di legno in mezzo al prato, scansando le mucche, mentre noi facciamo la conoscenza dei bimbi Umberto e Lidia. Un signore, lavorando per terra, fabbrica letteralmente, sotto i nostri occhi, il pezzo che si è rotto e possiamo ripartire. Arriviamo alla Bufa, e la strada sprofonda paurosa giù per il canyon. Scendiamo per le foto, ma comincia a piovere. Sulla strada del ritorno fa comparsa la canzone tormentone della vacanza, “Me gusta a ti”, che le ragazze cantano con brio ballando sui sedili e puntandosi reciprocamente contro i ditini, con l’autoradio a tratti a tutto volume. I paesaggi sono molto belli e durante la giornata avvistiamo un paio di scoiattoli. Visitiamo il museo dell’artigianato e quello delle tradizioni tarahumara e acquistiamo un arco e un cestino. A cena, dalla cucina ogni tanto balenano bagliori inquietanti.
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