UN ALTRO GIRO (Druk) di Thomas Vinterberg, piena di problemi e responsabilità da affrontareThomas Vinterberg è stato uno dei fondatori, nel 1995, del gruppo Dogma insieme a Lars von Trier. Pochi anni dopo entrambi i registi danesi abbandonano le regole che loro stessi si erano dati, ma il sodalizio si rinnova nel 2005, quando Vinterberg dirige Dear Wendy tratto da una sceneggiatura di von Trier.
Effettivamente degli echi del loro percorso comune si sentono anche in Druk, scritto dallo stesso Vinterberg e da lui diretto dopo un gravissimo lutto famigliare. Non ci sono più le regole monastiche e radicali del Dogma (solo luce naturale, camera a mano, niente musica extradiegetica, ecc.), ma il tema sotterraneo del film e alcuni particolari della sua messa in scena avrebbero fatto piacere all'ex-amico. E' un esercizio bizzarro e forse inutile, ozioso e arbitrario leggere un film alla luce della poetica di un altro autore, ma come forse avrete capito ci proverò comunque nelle righe che seguono. La trama (forse) è nota: un gruppo di insegnanti di scuola media superiore (strano destino per questa categoria professionale in questa stagione cinematografica: qui si sbronzano a morte, nel rumeno Bad Luck Banging girano film porno) decide di sperimentare sulla propria pelle (anzi nelle proprie vene) i benefici effetti dell'alcol. Secondo lo psichiatra Finn Skarderud (che esiste davvero) uno 0,05 grammo di alcol in più nel sangue migliora le prestazioni intellettive e i rapporti sociali. I quattro ci provano e gli effetti si fanno subito vedere: sono più brillanti, più aperti, più inventivi, meno inibiti nei rapporti interpersonali. Ma il problema è che non si fermano al dosaggio scientificamente consigliato. La sperimentazione prosegue a livelli più alti e poi ancora più alti, finché gli effetti negativi finiscono per soverchiare il presunto beneficio. L'ambizione a migliorare le proprie prestazioni intellettuali e sociali e a monitorare il progredire dei mutamenti indotti dalla sempre maggiore gradazione alcolica cedono presto il passo ad una deriva dagli esiti incontrollabili, fino a sfociare esplicitamente in un cupio dissolvi senza vie d'uscita. Il tema, al di sopra del tema dell'ebrezza e della realizzazione esistenziale che i protagonisti cercano con l'aiuto dell'alcol, è (direi evidentemente) quello squisitamente vontrieriano della dialettica tra regole e trasgressione, tra autorità e libertà (chi vuole approfondire il tema dovrebbe procurarsi il mio saggio illuminante e definitivo – bando alla modestia - pubblicato sul n. 145 di SegnoCinema). Come nei manifesti che Lars si è divertito a disseminare lungo la sua carriera cinematografica e come nella maggior parte dei suoi film, il conflitto è tra un'istanza regolamentatrice e autoritaria e un'istanza pulsionale che tende a sfuggire a ogni controllo. Se è Lars stesso ad imporsi delle regole e a giocare a trasgredirle o contraddirle, nel suo cinema spesso le due istanze si scindono in una componente maschile autoritaria (freudianamente il Super Io) e in una componente femminile istintuale e irrazionale (l'Es), senza che ci sia un qualche Io a ricomporle ed equilibrarle. In Druk invece la dialettica è tutta interna ad un gruppo esclusivamente maschile, che lungo tutto il film si impone regole (la quantità di alcol da ingerire) superandole ogni volta, rilanciando la posta e alzando l'asticella, alla ricerca di un'idiozia dal sapore vontrieriano. Ancora, è tipica del regista de Le onde del destino e di Dogville (tra gli altri) la divisione in capitoli e l'uso dei testi che scandiscono l'escalation. In un film tutto sommato ambiguo (ma di un'ambiguità che ha conquistato i giurati degli Oscar, del Bafta, dell' Efa e di parecchi altri premi), che sembra esaltare comunque l'anarchia alcolica autolesionista rispetto alla deprimente ordinarietà della vita, piena di problemi e di responsabilità da affrontare, alla fine, come in molti von Trier, non c'è più via di ritorno. Nel suo caso a imporre il regno del caos sono epidemie, idiozia, violenza, evirazioni, stragi, pianeti che precipitano, impiccagioni e musical onirici. Nel caso di Vinterberg, più moderatamente, è sufficiente che un prof depresso alzi di nuovo il gomito e si scateni in una danza selvaggia – con la performance stupefacente dell'insospettabile Mads Mikkelsen, effettivamente ex-ballerino –, prima di spiccare finalmente il volo verso l'agognato nulla.
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BAD LUCK BANGING OR LOONY PORN |
Mauro CaronAppassionato di cinema da sempre, in maniera non accademica. Amo il cinema d'autore, ma quello che spero sempre, accingendomi a guardare un film, è di divertirmi ed emozionarmi, e poi di avere di che riflettere. Dal 2002 collaboro regolarmente con la bellissima rivista "Segnocinema"; ho pubblicato anche articoli di cinema su "Confini", sul sito "Fuorischermo", e nel volume collettivo "Tranen" dedicato a cinema e deportazione. Categorie
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