C'E' ANCORA DOMANI di Paola CortellesiPremetto che nutro una grande ammirazione per Paola Cortellesi, eccezionale in tutti i ruoli con cui si è cimentata, cabarettista, attrice, cantante, conduttrice, regista. Per me è stato un colpo di fulmine fin da quando all'inizio degli anni 2000 faceva gli spot di Magica Trippy a Mai dire goal. Quindi, adesso che l’avete visto tutti e l’avete apprezzato tutti (io compreso), lodato, esaltato, idealmente abbracciato con sincero affetto (e questo qualcosa vorrà dire, sicuramente di positivo), e quindi non penso di fare del male a nessuno, prendo coraggio e discuto con voi di un paio di dubbiche mi sono sorti e rimasti durante e dopo la visione di C’è ancora domani. La seconda è la più importante. Ma cominciamo dalla prima, anche in ordine cronologico di visione. Le scene di violenza girate come una danza. E’ una scelta forte sia dal punto di vista ideale (non mostrare la violenza nella sua cruda brutalità) sia da quella stilistica (sono i punti in cui il film si distacca dai suoi modelli esibiti, il neorealismo e la nascita della commedia popolare italiana nel dopoguerra). E’ una scelta rischiosa, che fa sconfinare il film nel fantastico, nel realismo magico, nel musical (mi viene in mente Dancer in the Dark), o forse semplicemente nell’onirico. Anche i lividi di Delia spariscono a vista, sotto gli occhi degli spettatori. Vedendolo mi ha lasciato un po’ perplesso, ma credo che questa scelta abbia contribuito al successo del film, alla sua accettazione. E’ come se la Cortellesi (e i suoi cosceneggiatori) avessero pensato che la violenza c’è ed è inutile mostrarla, che lo sappiamo tutti com’è, e che fosse più interessante mostrare in questa situazione la fuga nel sogno, in un’illusione che una forma di resilienza spontanea, una manifestazione dell’istinto di sopravvivenza delle donne che si trovano in quelle condizioni. Delia si illude di poter trasformare in una danza d’amore quello che è un atto di disprezzo e di sopraffazione, di poter sognare un passo a due quando Ivano ritiene di poter essere l’unico a condurre la danza del possesso, della sottomissione e della violenza. Se, a parità degli altri elementi, la violenza fosse stata mostrata, C’è ancora domani sarebbe sicuramente diventato un altro film. Non so se migliore o peggiore, sicuramente più difficile da accettare per il pubblico. Ok, ci può stare. Passiamo oltre. L’episodio del militare americano. Riassumiamo, anche per quelli che hanno già visto. Delia ritrova a terra una foto di famiglia di un agente di colore della Military Police di stanza a Roma e gliela restituisce, guadagnandosi la sua gratitudine. Ci si chiede dapprima a cosa serva quest’episodio e quale sia il senso di questo personaggio. Poi Delia origlia alcune frasi dette dal fidanzato della figlia, che sembrano preannunciare la reiterazione di quelle dinamiche maschiliste possessive e autoritarie di cui lei stessa è vittima. Invece di parlare con la figlia, o con il futuro genero, o di chiarire la situazione, Delia decide di mandare a monte il previsto matrimonio, distruggendo (letteralmente, almeno nell’immediato) la potenziale felicità della figlia e di riflesso anche le possibilità di emancipazione sociale ed economica della propria famiglia. Il risultato è ottenuto convincendo l’agente (quindi in teoria un tutore della sicurezza e dell’ordine, con il quale peraltro fino a quel momento non è mai riuscita a scambiare una frase di senso compiuto, in quanto lei non parla in inglese e lui non parla l’italiano né tanto meno il romanesco) a compiere un attentato dinamitardo contro l’esercizio commerciale dei futuri suoceri (in un edificio che sembra ospitare anche delle abitazioni). Ebbene, lo sventurato rispose, per dirla alla Manzoni. Ora, lungi da me voler accusare di razzismo la Cortellesi e gli sceneggiatori del film, ma guarda caso il soldato è l’unico personaggio di colore del film, ed è indotto a commettere un atto criminoso e pericoloso, contrario alla legge, alla morale, ai suoi doveri, e probabilmente alla sua stessa natura, visto lo sguardo sconsolato che rivolge a Delia dopo aver assistito all’esplosione e prima di mettersi a soffiare nel fischietto per dare l’allarme che lui stesso ha provocato. Solo perché gliel’ha chiesto Delia. Perché lei ha raccolto una foto da terra, perché poi le ha visto dei lividi addosso. Non è che va dal marito a dissuaderlo, con le buone o con le cattive, dal pestare la moglie. No. Lei gli chiede di fare saltare in aria un palazzo e lui lo fa. Assecondando contemporaneamente un passo falso della sceneggiatura e una richiesta di Delia quanto meno discutibile. Visto così sembra un po’ il buon selvaggio nero che si assoggetta spontaneamente, naturalmente, alla donna bianca. Sembra che per quanto Delia sia povera, ignorante, bistrattata, umiliata, trattata come una pezza da piedi o come uno straccio per pulire i pavimenti, pure rimanga la donna bianca in grado di esercitare un ascendente sull’uomo di colore, che di propria volontà le obbedisce e le si sottomette. Sono sicuro che non è questa l’intenzione degli autori del film; eppure mi sembra che una lettura nel senso sopra ipotizzato, per quanto malevola, sia possibile; e mi sembra che anche solo tale possibilità, per quanto remota, andasse evitata, in un episodio che oltretutto mi è sembrato stonato anche dal punto drammaturgico. Il solo rischio che, rispetto ad un film dove si parla dei diritti e della dignità delle donne, si possa far strada il sospetto della messa in scena (per quanto involontaria) di una discriminazione di razza mentre si combatte contro una discriminazione di genere, mi sembra davvero inopportuno. Devo dire che le persone con cui mi sono confrontato su questo tema hanno reagito con scetticismo e quasi con insofferenza, quasi volessi rovinare loro l’immagine perfetta che si erano create del film, ammettendo solo in genere una certa “esagerazione” nell’episodio dell’attentato, da leggersi però come una reazione “esplosiva” di Delia rispetto alle angherie subite. Più interessante invece un altro tipo di argomentazione che mi è stata opposta: l’alleanza tra Delia e il militare William è un’alleanza appunto tra minoranze: William aiuta Delia (entrambi condividono una considerazione affettiva verso l’idea-famiglia) proprio perché sia l’uno che l’altra – il nero e la donna - sono rappresentanti di minoranze che storicamente, quasi filogeneticamente, sono state sottoposte ad abusi e soprusi. L’esplosione segnerebbe quindi il tentativo di spezzare – insieme - una catena che potrebbe perpetuarsi nel futuro, all’infinito. Ci può stare. Lo accetto, anche se per arrivarci ho dovuto fare una giravolta e ho rischiato di fare un testa-coda su un terreno sdrucciolevole. E voi cosa ne pensate? Ma Mauro sembra essere molto più convinto: leggi qui la recensione di Mauro Caron in Hollybloog.
5 Commenti
Saverio
11/29/2023 09:06:03 pm
Mi piacerebbe poter confrontarmi sui limiti di questo bel film, emotivamente coinvolgente almeno per me e per motivi non ideologici ma semplicemente legati a ricordi di infanzia. Ma preferisco rilanciare ricordando un film che vedo e rivedo sempre volentieri che ritengo estremamente riuscito, Parenti serpenti, che in quanto a iperbole non scherza. Far saltare in aria una casa, genitori compresi, non è proporzionato alle motivazioni di ogni figlio...eppure ci sta. Allora dove è la differenza? Forse nella scelta un po' surreale della regista.
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11/29/2023 10:00:20 pm
parto dal presupposto che amo la Cortellesi che il film è un discreto film onesto nelle intenzioni e nella realizzazione con un bellissimo finale e una buon ritmo (anche se mi ha fatto soffrire molto(anche inc...are parecchio)anche se la violenza esteticamente non era esibita .Felice anzi strafelice che tanta gente finalmente sia andata al cinema grazie a quaesto film a Barbie a Ophenaimer a Io capitano (grazie Garrone ti amo)grazie a tutti quei film che rianimano le sale !Detto questo C'è ancora domani non è un capolavoro per intenderci non è Roma di Quaron ma evviva a "C'è ancora domani"!
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Guendalina
11/30/2023 09:37:51 am
Sinceramente trovo l’idea della danza molto buona. Non so voi ma, oltre ad aver completamente reso l’idea della violenza, per una volta, ci ha evitato scene che solitamente, alla sottoscritta (e forse a tanti altri), fanno star male anche solo a vederle. Anche lo scomparire dei lividi, trovo sia geniale; perché i lividi se ne vanno ma la violenza, e le conseguenze di questa, rimangono. Penso che il messaggio fosse proprio questo.
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giada
12/1/2023 07:36:24 am
Premetto che sono tra i pochi che non hanno ancora visto il film. Il soldato afroamericano del dopoguerra rappresenta certamente una minoranza, quella dei neri che non avevano ancora il diritto di sedersi sugli autobus, di andare a scuola con i bianchi.. proviene dagli Stati Uniti d'America ancora nel pieno della Segregazione Razziale.
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erre
12/6/2023 06:35:04 pm
Non si possono certamente misurare gli atti di violenza... se sia più grave il maltrattamento in famiglia o un attentato dinamitardo (lasciamo perdere che sarebbe potuto morire qualcuno).
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Dr. Caron e Mr. NoracRicordate quel film di John Woo in cui Travolta e Cage si scambiavano le facce e così il buono aveva la faccia del cattivo e il cattivo aveva la faccia del buono? e poi il cattivo si sfregia la faccia da solo in modo che il buono non possa più riavere la propria faccia e poi il buono colla faccia da cattivo uccide il cattivo colla faccia da buono e così via? Archivi
Novembre 2023
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