NAPOLI VELATA di Ferzan OzpetekDi nuovo una magnifica presenza? Ozpetek torna a giocare con i fantasmi, ma anche con l'uomo che visse due volte (mettendo in apertura l'immagine di una stupenda scala a spirale che cita i vortici e le immersioni direttamente dentro l'occhio dei memorabili titoli di testa che Saul Bass creò per l'Hitchcock di Vertigo – La donna che visse due volte), con i gemelli, le doppie personalità, i complessi di colpa, le storie famigliari e gli omicidi a luci rosse, che portano più verso la declinazione depalmiana dell'archetipo hitchcockiano. Ma Ozpetek è Ozpetek, per cui, pur raccontando una storia di assenza – il protagonista maschile scompare poco dopo l'inizio -, si sente in dovere di stipare il film di persone, corpi, performer, fantasmi, luoghi, vedute turistiche (peraltro di indubbio fascino), simboli (veli, maschere, scale, occhi, ecc.). La sua bulimia è incontenibile: il film si espande sui piani di lettura (simbolico, psicologico, psicoanalitico, antropologico, metacinematografico), sconfina tra i generi (drammatico, erotico, crime, melò, ghost movie, film a chiave), accumula i rimandi (da Basic Istinct all'Almodóvar più cupo, al cinema francese di Ozon e Assayas). Già tre segmenti d'apertura (l'omicidio iniziale, la performance teatrale, la scena erotica – di rara intensità), in pochi minuti squadernano un ventaglio di opzioni che vanno dal dramma famigliare con delitto al simbolismo, all'erotismo. La ricchezza di temi e di personaggi, di possibilità di lettura e di generi, di rimandi e di citazioni, non è certo un difetto in sé, anzi. Il problema è che Napoli svelata non serra le fila della narrazione, senza per questo fare del detour un progetto, uno stile o un obiettivo narrativo, si ingorga in circoli viziosi, si perde tra personaggi mal disegnati (e attori non sempre all'altezza: discutibile la stessa doppia interpretazione di Alessandro Borghi, una troppo fredda – malgrado la scena bollente – l'altra troppo fragile; mentre Vittoria Mezzogiorno impegna, letteralmente, anima e corpo per dare corpo e anima al film), tra fantasmi con lo zainetto in spalla, poliziotte con la pistola alla cintola manco fossero Wyatt Earp (o Calamity Jane), occhi strappati dalla vittima ancora viva (qualcuno sa fornirmi una spiegazione narrativa o simbolica di cotanta crudeltà?), travestiti che partoriscono pupi insanguinati, coreografie di lesbiche assassine danzanti, e omicidi a base di granita (la vittima morendo crede di vedere il volto della madre: forse la stessa che gli diceva di non mangiare la roba troppo fredda...). Peccato; gli spunti interessanti non mancano, la regia sa creare atmosfere, la scelta delle location è estremamente affascinante e il film rivela un coraggio e una generosità di temi e di stimoli rari nel cinema italiano; con un po' più di rigore nella scrittura e una cura maggiore dei caratteri, Napoli velata avrebbe potuto essere un film da ricordare. Non sei d'accordo? in Napoli velata c'è di più? Leggi la sagace recensione di Mauro Caron...
1 Commento
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Dr. Caron e Mr. NoracRicordate quel film di John Woo in cui Travolta e Cage si scambiavano le facce e così il buono aveva la faccia del cattivo e il cattivo aveva la faccia del buono? e poi il cattivo si sfregia la faccia da solo in modo che il buono non possa più riavere la propria faccia e poi il buono colla faccia da cattivo uccide il cattivo colla faccia da buono e così via? Archivi
Novembre 2023
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