Dove Eulalia giudica le nostre ragazze ben conservate e finiamo poi nella casa delle mummie; dove visitiamo una bella città coloniale e assistiamo allo spettacolo delle saette. Dopo colazione salutiamo i nostri ospiti e partiamo. L'autostoppista di oggi ha una voce strana, scoprirò poi che si chiama Eulalia (che sarebbe però il suo secondo nome), e fa la dentista all'ospedale di Trinidad, dove guadagna 13$ al mese e dove è di turno stanotte. E' sposata e ha un bambino piccolo, terribile. Lei ha 30 anni; saputa l'età di Alessandra e di Simona dice che sono “ben conservate”. E' una compagna di viaggio petulante ma simpatica; parla in continuazione, finché non si addormenta. In direzione di Trinidad il panorama è abbastanza bello, ondulato. Una volta in città puntiamo verso il centro storico per cercare un alloggio. Lo troviamo in Calle Guinart, al limite dell'area pedonale, in una delle rare case coloniali a due piani. Prendiamo una camera unica, con due letti matrimoniali, per 20$. Le padrone di casa sono anziane, e un po' strane, e altre ancora più anziane si aggirano per la casa. Tra noi ne parliamo inventandoci epiteti e storie poco cortesi (chiamiamo la casa l'ostello della gioventù, le donne sono di volta streghe, mummie, zombi, iguane); detto così sembriamo cattivi, ma in realtà c'è sempre una sfumatura di benevolo affetto nelle nostre cattiverie. Di fronte a loro ci sentiamo giovani, spregiudicati, e ben conservati. La casa è stata costruita nel '700, ha altissimi soffitti in legno, architravi intarsiate; per salire al piano superiore c'è una scala a chiocciola di pietra, scolpita e dipinta con tenui colori pastello. C'è anche un bel balcone affacciato sulla Guinart, piena di turisti. Visto che fa caldo, decidiamo di passare le prime ore del pomeriggio puntando verso la montagna. Saliamo a Tope de Collantes su una strada ripida e tortuosa, spesso con la macchina in prima. Facciamo una sosta al mirador, da cui si vede la penisola Ancon, la laguna e le montagne. Facciamo passare uno scroscio di pioggia, poi arriviamo a Tope, dove c'è un albergo terapeutico, qualche casermone, un ufficio informazioni chiuso, una cafeteria dove è in corso una riunione politica, e quindi non ci servono, un chiosco dove si paga, salato, in dollari. La vegetazione intorno è bella , ma non troviamo nessuna escursione possibile, e poi piove di nuovo. Torniamo e lasciamo la macchina al parcheggio degli autobus, pagando 2$; una signora simpatica ci spiega la tradizione dei compleanni collettivi, che si festeggiano sul luogo di lavoro, mettendo insieme più anniversari che cadono nello stesso periodo. Al mirador mi sono accorto di avere ancora in tasca le chiavi della casa di Cienfuegos, che purtroppo mi sono scordato di restituire: così io e Alessandra andiamo all'ufficio postale per spedirle al proprietario. Osserviamo divertiti le due impiegate che confezionano un pacchetto creativo. Giriamo per Trinidad, che è una città assai carina, con un centro coloniale ottimamente conservato, dalle strade lastricate e con le belle case coloniali, in genere non porticate come in altre città che abbiamo visitato. Alcune case si visitano come musei; le chiese invece non mi sembrano particolarmente belle rispetto ad altre già viste, ma le recinzioni in ferro battuto verniciate di bianco risplendono sotto il sole. Raggiungiamo Enzo e Simona in Plaza Mayor e con loro visitiamo il museo municipal e saliamo sulla torre, da cui godiamo del panorama della città. Andiamo alla Rumbos per prenotare un'escursione a Cayo Blanco; abbiamo qualche incertezza, poi prenotiamo un'uscita, forse in catamarano, per 20$, senza pranzo incluso, ma solo per me Ale e Enzo, perché Simona non si sente bene. La tipa della Rumbos è simpatica, ma ci spiega che a lei, come a tutti i cubani, sono vietate le gite in mare. Prendiamo un mojito al bar di fronte (2,5$), carino, che ha anche un servizio Internet. Questa sera non mangiamo in casa come d'abitudine, ma da Sol y Son, in un grazioso cortile interno, dove sia il pappagallo che il cameriere parlano da soli. E' un ristorante nominato da entrambe le nostre guide, dove mangiamo abbastanza bene. Dopo cena facciamo un giro in centro; in diversi locali suonano, ma noi ci fermiamo all'aperto, sulla scalinata di fronte alla cattedrale. Il gruppo che suona lì davanti non è un granché, ma lo spettacolo dei fulmini che solcano il cielo senza soluzione di continuità è assolutamente superbo.
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AutoreTutta Cuba in 33 giorni, da Maria La Gorda a ovest a Baracoa all'est, da L'Avana a nord a Santiago a sud, attraversando tutte e 14 le provincie dell'isola (tranne la quindicesima, l'appartata Isla de la Juventud). ArchiviCategorie
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