Dove conosciamo i camping cubani ma alla fine finiamo dai bigotti e dormiamo in una camera proibita. E' arrivato il momento di lasciare anche Baracoa. La zona è molto bella: con una vegetazione rigogliosa, il paesaggio movimentato dalle ondulazioni del terreno, le capanne di legno con il tetto di paglia e le scene di vita rurale. Anche le spiagge dei dintorni sono molte belle. Telefoniamo, facciamo benzina e partiamo: la strada da Baracoa a Moa è molto brutta, venti chilometri di strada dissestata con buche e tratti non asfaltati, pur in un paesaggio molto bello; seguiamo una Daewoo rossa che ci fa da apripista. Dopo Moa si attraversa una brutta zona industriale con cave e ciminiere, ma la qualità della strada, percorsa anche da camion, migliora. L'ultimo tratto per Banes peggiora di nuovo, ma ci rallegra un autostoppista in uniforme verde che ci grida indicazioni praticamente metro per metro. A Banes sembra che ci siano solo sei casas particurales: in una c'è una cicciona (“adelante, que el sol esta picante!”), che ha una camera legale e un'altra no, per ciascuna delle quali chiede 20 dollari. Va all'Ufficio Immigrazione a chiedere il permesso di utilizzare anche la seconda stanza, ma non glielo concedono; alla fine ci arrangiamo: pagheremo 30 dollari per entrambe le camere, alloggiando clandestinamente. Ci sdraiamo e ridiamo immaginando di dormire tutti nello stesso letto. Poi proviamo comunque a chiedere in tutti gli hotel, i motel e i camping dei dintorni: all'Oasis, lì vicino, dove mi distraggo per una bella lucertola dalla coda arricciolata, non hanno camere per divisas (cioè per stranieri che pagano in valuta), al Brisas (con una collinetta e un laghetto) hanno un plano vacacionales, penso riservato ai locali, e non c'è posto; al campeggio Puerto Rico (secondo la guida a 3 chilometri, che a noi sembrano molti di più, lungo una strada con buche, acqua e fango) sapranno se avranno delle camere libere solo domani (non hanno docce e ci si lava con i secchi). Facciamo una camminata fino alla spiaggia e poi lungo il mare, ma c'è sporcizia, il cielo è nuvoloso, il mare agitato. Ma dopotutto troviamo una spiaggia che non è male, e ritorna anche il sole, già basso. Io passeggio, Enzo fa il bagno, Simona legge, Alessandra si dedica all'enigmistica. Mangiamo un ananas, ma poi Simona comincia a non sentirsi bene. Rientriamo col buio, ma Simona ha disturbi intestinali e vomito. Io, Alessandra e Enzo mangiamo in clandestinità e senza infamia né lode in un locale poco illuminato, dove occhieggiamo scritte e adesivi del tipo “Solo Cristo salva”, “Jehova es mi pastor”, “Cattolicesimo una fede in crisi” e via così. La signora oltre che bigotta è anche maneggiona e antipatica, e suo marito il giorno dopo ci offre benzina “nera”. Facciamo un giretto nella strada principale, ma l'animazione del giorno è sparita; beviamo una bibita in un chiosco e poi io e Ale andiamo a dormire nella nostra stanza proibita.
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AutoreTutta Cuba in 33 giorni, da Maria La Gorda a ovest a Baracoa all'est, da L'Avana a nord a Santiago a sud, attraversando tutte e 14 le provincie dell'isola (tranne la quindicesima, l'appartata Isla de la Juventud). ArchiviCategorie
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