Dove Alessandra è inferma e ad Enzo fanno una fasciatura stile Tex Willer; dove leggo Glamour e Cinema cubano. Al mattino scopriamo che la scottatura di Enzo non è affatto una cosa da niente, e che la spalla ustionata è coperta da grandi bolle. Il motto della casa è “Nuestra meta es excelencia”: facciamo una colazione e i preparativi per la partenza, ma Enzo è preoccupato perché ci aspettano 250 chilometri di viaggio. Ci mettiamo comunque in moto, seguendo la carretera central: da Las Tunas è una strada che abbiamo già fatto, ma ora la macchina ha problemi anche all'acceleratore. In una cafeteria lungo il percorso facciamo una sosta, mangiando bocadillos de queso y cerdo asado per pochi pesos. Una volta a Moron, dove le sistemazioni sono piene o care, seguiamo un procacciatore in bici fino a un brutto condominio dall'aria periferica. Non mi ricordo dove, lo scrivo qui per associazione d'idee, abbiamo visto degli orribili casermoni nel peggior stile sovietico, poco all'interno rispetto alla costa. Apprendiamo che furono costruiti appunto dai sovietici, quando Cuba dipendeva quasi totalmente dai loro aiuti, per deportarvi i pescatori che vivevano in faccia al mare e liberare la costa per gli insediamenti turistici. I costi dell'embargo occidentale e dell'interessato aiuto orientale. Ci offrono un appartamento con salotto, bagno e due camere, una delle quali con aria condizionata, per 35 dollari complessivi. Tentiamo una trattativa ma poi accettiamo. Abbiamo anche telefonato al campismo di Cayo Coco, ma è pieno anche lì. Alessandra non sta bene: “tu amiga esta enferma”, mi informa il procacciatore, che poi a casa si spaparanza sulla “nostra” poltrona. Io e Ale quindi rimaniamo in casa, mentre Simona accompagna Enzo a farsi vedere al vicino ospedale. La descrizione che ci faranno della struttura e delle dotazioni è molto pittoresca, ma dei medici o paramedici tolgono la pelle bruciata dalla spalla di Enzo e gli fanno una fasciatura in autentico stile western, senza chiedere un pesos. Quindi usciamo per mangiare, sulla strada principale. Prima al ristorante La Fuente, carino e con bei quadri alle pareti, dove mangio un cordon bleu con patate banane fritte; poi alla paneteria di Dona Neli per paste e bibite. A casa ci si trova spesso tra i piedi il marito della padrona giovane, che ufficialmente sarebbe lì per fare delle riparazioni al water e alla doccia, ma che parla tanto, a voce alta e con un'aria da spagnolo petulante. Trovo un'edizione inglese di Glamour, su cui leggo un articolo sulle leggende sessuali, e poi un numero di Cinema cubano, dove metto alla prova la mia capacità di leggere lo spagnolo. Si parla di cinema americano, con un legittimo taglio ideologico, analizzando l'attribuzione degli Oscar e il tema della violenza nel cinema americano. Interessante. Poi a dormire.
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AutoreTutta Cuba in 33 giorni, da Maria La Gorda a ovest a Baracoa all'est, da L'Avana a nord a Santiago a sud, attraversando tutte e 14 le provincie dell'isola (tranne la quindicesima, l'appartata Isla de la Juventud). ArchiviCategorie
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