HOFN – SEYDISFIORDUR – EGILSSTADIRIeri mi chiedevo che effetto fanno le nostre telefonate a casa, quando raccontiamo entusiasti di aver passeggiato su un cratere vulcanico occupato da un lago, o lungo una laguna glaciale dove navigano gli iceberg, o a fianco di poderose cascate o di geyser prorompenti. Ma oggi è una giornata meno spettacolare. Facciamo una bella colazione nella sala vetrata dell'hotel che si affaccia su prati e montagne, ma scopriamo che il lato del mare è coperto da una fitta nebbia. La guida si guadagna altri punti di affidabilità, perché faceva cenno anche a questa possibilità. Facciamo quindi rifornimento e ripartiamo. Ci lasciamo la nebbia alle spalle e si apre una bella giornata di sole. Da qui la 1 procede ancora verso nord-est per poi piegare verso nord; la distanza tra Hofn ed Egilsstadir in realtà viene amplificata dal fatto che la strada deve evitare sia le montagne dell'interno che costeggiare i profondi fiordi che si insinuano in questa parte dell'isola. I panorami in compenso, anche oggi, sono molti belli. Non facciamo tappe, se non una breve sosta a Stodvarfjordur, dove l'attrazione principale è costituita dalla casa e dal relativo giardino in cui un'appassionata collezionista ha accumulato una quantità inverosimile di rocce e minerali. L'ingresso è abbastanza caro e il nostro interesse per la geologia relativamente basso (suggerisco però ad Alessandra di organizzare qualche uscita didattica in Islanda con la scuola...), per cui dopo qualche foto sul fiordo, con fiori arancioni in primo piano e montagne innevate sullo sfondo, proseguiamo. Per il momento non ci fermiamo neppure a Egilsstadir, ma proseguiamo per raggiungere direttamente Seydisfiordur, che ho letto essere un bel paesino, oltre ad essere il terminal dei traghetti che congiungono l'Islanda con la Danimarca. Per essere il percorso per cui passano quindi presumibilmente la maggior parte delle merci (e devono essere molte, visto che l'Islanda ha bisogno di molte importazioni), la strada è piuttosto impegnativa. Bisogna superare un passo, salendo con una serie di curve su una strada priva di parapetti, per poi ridiscendere verso il paese annidato sul fondo di una profonda baia. Il paesaggio è anche qui molto suggestivo e pittoresco; arrivati al passo ci si trova attorniati da basse cime zebrate di neve, mentre la valle che scende verso Seydisfiordur è circondata da molte cascate che precipitano dalle alture circostanti verdi-brune; il fiume che vi scorre ne crea a sua volte di altre, individuabili dall'alto, salto per salto, dalle nubi di vapore che ciascuna solleva. Seydisfiordur è in effetti una piccola cittadina molto carina, affacciata sul fiordo calmo come un lago e circondata dalle montagne. Con il sole dà il meglio di sé: la gente è seduta ai tavolini all'aperto e i colori delle case risplendono vividi. La strada principale, che porta ad una chiesina bianca e azzurra, è tutta dipinta con i colori dell'arcobaleno e fiancheggiata da case tradizionali belle nella loro semplicità, verniciate a colore vivaci o dipinte con murales. Più in là, verso la fine del paese, l'ennesima cascata cade dietro le ultime case. Passeggiamo, facciamo foto, ci fermiamo per una merenda in riva al “lago”. Seydisfiordur ha anche la fama di essere una cittadina favorita dagli artisti, ma la nostra esperienza diretta con l'ambiente creativo locale non è delle più positive. Siamo attirati da una casa colorata, con il giardino aperto e decorato da molti elementi variopinti e vivaci; sulla porta d'ingresso vedo disegnata La Linea di Cavandoli e prendo la macchina fotografica per fotografarla, quando vengo apostrofato da un vichingo biondo, abbronzato e a torso nudo, che mi rifila una ramanzina perché sto facendo delle fotografie sulla sua proprietà (come tutti, suppongo) senza salutare e senza chiedere permesso. Gli spiego che stavo facendo una foto perché mi aveva sorpreso trovare un personaggio italiano, ma non credo che lui sia interessato all'argomento, per cui mi congedo rapidamente e passiamo oltre un po' contrariati. Rifacciamo la strada e riscendiamo su Egillstadir: la nostra sistemazione è all'Hostel Tehusid, una costruzione bassa e lunga, con i muri bianchi e un vivace tetto rosso, davanti alla quale molti sono seduti a bere e prendere il sole. Di fianco c'è un campeggio; noi abbiamo a disposizione ad uso esclusivo una camerata con sette letti, che si affaccia su un salotto comune dove ci sono libri, giochi per bambini e da società, e un televisore davanti al quale spettatori molto presi stanno assistendo appassionatamente ad una partita di calcio che, a giudicare dal campo in cui si gioca, potrebbe essere ospitata in un nostro oratorio. All'ingresso poi c'è un ampio bar dall'atmosfera piacevole e dove probabilmente si fa anche musica dal vivo. Sono un po' preoccupato per i rumori, vista la vicinanza del tutto alla nostra camera, che anche dall'altro lato dà verso il patio dei bevitori/abbronzatori, ma i timori si riveleranno completamente infondati e il riposo, luce permettendo, sarà altrettanto tranquillo che in tutti gli altri posti. E' abbastanza presto e Egillstadir non sembra avere molto da offrire. Seguendo un sentiero saliamo in breve su una collina che si trova proprio alle spalle dell'ostello: c'è la sagoma in metallo di una renna a grandezza naturale e il panorama sulla cittadina, sulle alture circostanti e sul lago appena oltre l'abitato, che si dice sia abitato da un mostro acquatico. Alessandra è molto presa dalla curiosità per le roulotte che si vedono in giro (ce ne sono di normali, di minuscole e ovoidali; di piccole che però aumentano di dimensione con delle espansioni laterali; di carrellate e piatte che diventano delle casette sfoderando delle tende che vi si appoggiano sopra), così facciamo un giro nel campeggio studiando con discrezione le varie tipologie. Ci arrangiamo una cenetta nella cucina dell'ostello, chiacchieriamo con dei ragazzi italiani (i primi che incontriamo), grazie ai quali facciamo mente locale e realizziamo che avremmo potuto trascorrere un po' del nostro tempo libero ai bagni termali di Vok, poco distante dalla città, che si vantano per le loro piscine galleggianti. Prima di andare a dormire giochiamo ad un gioco da tavola mai visto: leggere tutte le istruzioni in inglese è troppo difficile e lungo, così parte delle regole ce le inventiamo. Intanto, nel bar adiacente, qualcuno usa il pianoforte del locale; c'è un ragazzo che suona bene, uno che suona benino, e qualcuno che accompagna una divertente ragazza che canta, allegra, stonata e spericolata. La vita serale islandese (e nel caso anche alla nostra) non è comunque fatta per le ore piccole e quando andiamo a dormire nella nostra camerata tutto è tranquillo.
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AutoreIl diario di viaggio di Mauro e Alessandra: un runtur di otto giorni intorno all'isola, nel luglio 2021. Troppo pochi? Forse, ma abbastanza per farsi un'idea del fascino e dei motivi di interesse del Paese. Categorie
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