Sì, Ganesh ha testa d’elefante ma altri dei hanno sembianze di mucca, di scimmia, di cinghiale (?), in una commistione di divinità e animalità che a noi suonerebbe blasfema; hanno a volte molte teste, spesso molte braccia; in genere hanno la pelle blu come sul manifesto di Nirvana di Salvatores.
Ho rinunciato molto presto a seguire i racconti sulle divinità indù della nostra guida (limitandomi a memorizzare la triade Brahma, Visnu e Shiva, con i rispettivi attributi principali), intricatissime storia di mariti, mogli, reincarnazioni, mutazioni, impersonificazioni, magie, ammazzamenti, gelosie, tradimenti, battaglie, mutilazioni, ecc. Un po’ come la mitologia greca, con dei dai sentimenti piuttosto umani, ma nello stesso tempo dalle sembianze decisamente bizzarre. L’eterodossia delle divinità trova riscontro nei templi: noi abbiamo visitato vicino a Jaipur un tempio dedicato ad Hanuman, il dio-scimmia, in una gola rocciosa opportunamente affollata di babbuini e altre scimmie; ma sappiamo che ci sono templi dedicati ai topi, infestati da miriadi di simpatici roditori cui vengono offerti latte e cibarie. A Khajuraho c’è un famosissimo tempio tempestato di sculture erotiche, in cui vengono rappresentate un’ampia gamma di posizioni amatorie, anche in varianti ginniche, con rapporti genitali, orogenitali, di gruppo, di esseri umani con animali, di animali con animali, ecc. ecc. Anche qui l’accostamento tra sacro e rappresentazione sessuale e carnale esplicita, che noi potremmo tranquillamente definire pornografica è piuttosto spiazzante. Uno dei nostri compagni è un appassionato di moto, e in particolare di Royal Enfield, una marca che qui è molto diffusa. Beh, sfogliando la guida scopro che, non lontano dal nostro itinerario, c’è anche un tempio dedicato a una Royal Enfield, una moto che dopo aver subito un grave incidente tornava miracolosamente sul luogo del fattaccio. Intorno alla moto è stato costruito un tempio e ora è lì, visitata e venerata dai fedeli che le portano collane di fiori e offerte propiziatorie. Inoltre come tutti sanno, ma io continuo a non sapere perché, le mucche sono sacre e pertanto nessuno le può uccidere. Le strade (e qualche volta le cosiddette autostrade) sono così frequentate anche in piena città da mucche vagabonde, a volte in salute, a volte molto magre, che vagano in cerca di qualcosa da mangiare. Molto spesso le si trova a frugare tra le immondizie, alla ricerca si sostentamento o di qualche sfiziosità. A Pushkar vedo dei cassonetti dipinti con figure di mucche. La guida mi spiega che sono cassette per raccogliere le offerte in denaro per le mucche. Sui giornali vedo articoli sul trattamento delle mucche. Vicino a Nagaur visitiamo un ospedale per mucche, dove sono alloggiate, nutrite e assistite centinaia di mucche ammalate o feriti in incidenti. Ci sono fasciature per mucche, flebo per mucche, rancio ospedaliero per mucche e così via. Il paziente zero è una bella mucca bianca alloggiata in un recinto speciale e abbellita con ornamenti variopinti. La nostra guida sembra un fiducioso credente; cerca anche di convincerci dell’esistenza di un magico albero himalayano che ogni tot anni produce frutti verdolini fatti perfettamente a forma di donnina nuda, perfettamente scolpita, con capelli lunghi, manine complete di dita a coprirsi il pube, ecc., di cui ci mostra le foto reperibili su Internet. Difficile capire fin dove ci creda veramente e dove invece cerchi di convincerci delle più assurde inverosimiglianze, tanto siamo in India e quindi qualunque assurdità può sembrare possibile. Alessandra ha tirato un sospiro di sollievo quando ha scoperto che il nostro tour non toccava Varanasi, dove gli indù vanno a morire. Una volta morti vengono bruciati su pire funerarie in riva al fiume e le loro ceneri disperse nel Gange, come è prescritto che sia. Molti quando si sentono prossimi alla fine si trasferiscono a Varanasi, così la città abbonda di malati e moribondi. Nella nostra cinefilia rabdomantica abbiamo visto anche un film che aveva per protagonista un intoccabile appartenente ad una famiglia di becchini, e che prima di riuscire a sfuggire a questa professione ingrata si vedrà passare tra le mani il cadavere della fanciulla amata. Benché delle nostre amiche ci avessero detto che non si conosce l’India se non si è visto Varanasi, come dicevo Alessandra ringrazia gli dei per aver evitato la visita a questa importante meta spirituale...
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AutoreMauro e Alessandra fanno un giretto in India. Aprile 2017. ArchiviCategorie |