A proposito di alberghi, qualche aneddoto da raccontare a proposito dell’Indana, l’unico albergo di cui siamo riusciti a usare la piscina, in un pomeriggio ad oltre 40 gradi in cui già raggiungere il lettino dalla piscina senza ustionarsi le piante dei piedi, malgrado fossimo tutti bagnati, era una vera e propria impresa. Dicevo che gli hotel erano tutti periferici; beh, l’Indana doveva essere vicino a un aeroporto militare. Per un bel po’ di tempo caccia militari, uno per volta, sono sfrecciati a bassa quota sopra l’albergo. Quando è passato il primo, e non sapevamo cosa fosse, il frastuono dell’aereo era tale che mi sarei gettato dalla finestra per lo spavento. Scherzo, però impressionante davvero. Avete presente tipo siete-lì-belli-sciallati-dentro-le-Twin-Towers-quando-Al Qaeda-vi-scaglia-addosso-un-bolide-volante? Beh, per fortuna, il rombo sibilante degli aerei in questo caso trapassava l’edificio da parte a parte e andava a spegnersi in lontananza (quanta?). Siamo usciti sul balcone e ne abbiamo visto uno sfrecciare sopra di noi. Abbiamo temuto per una notte stile 1941: attacco a Pearl Harbour, ma per fortuna dopo una decina di incubi hanno smesso.
Dopo cena, visto che uscire era inutile e che i nostri compagni di viaggio erano andati a dormire, abbiamo fatto un giretto nel grande cortile interno dell’albergo. Siamo passati davanti alla sala dei ricevimenti e visto che era tutto era parato a festa abbiamo cercato di dare una sbirciatina all’interno. In quel momento è passata una guida sikh, una specie di Kabir Bedi in versione snella, in turbante arancio, barba nera e occhi azzurri, che accompagnava una coppia di italiani (e che rincontreremo a Pushkar e poi di nuovo a Delhi). Accortosi della nostra curiosità, ci ha invitato a entrare tranquillamente. A loro farebbe sicuramente piacere, ci ha incoraggiato. Mentre noi eravamo titubanti, è uscito un tizio che ha intuito la situazione, ha scambiato due parole con la guida, e poi mi ha preso sottobraccio e ci ha trascinato dentro. Abbiamo attraversato a passo di carica l’atrio, il salone delle feste (tutto parato a festa - su un palco da teatro una mezza dozzina di musicisti), tra gli invitati vestiti eleganti, e siamo stati condotti direttamente sul palchetto fiorito dove gli sposi stavano facendo le fotografie. Loro ci guardano un po’ straniti, il tizio (ci dice poi di essere il fratello della sposa) ci fa capire di metterci tutti in posa. Lo sposo è minuto, bruno e barbuto, la sposa esile e carina. Noi siamo vestiti a casaccio. Ci scattano le foto e ci riprendono con le telecamere, mentre ci diamo le arie di persone di mondo. Affido la macchina a uno dei fotografi per avere anche noi un ricordo del nostro matrimonio indiano. Salutiamo gli sposi e gli facciamo i nostri auguri, poi il fratello dello sposo ci riprende sotto braccio e ci porta al tavolo delle bevande. I musicisti sul palco sono stati sostituiti da una mezza dozzina di ballerini professionisti che si muovono tra luci sciabolanti e raggi laser. Un matrimonio di quelli sobri. Un presentatore parla e nomina un paio di volte la parola “Italia”: supponiamo stia parlando di noi. Il fratello versa une generosa dose di whiskey in un paio di tumbler - black label ammicca incoraggiante - aggiunge un altrettanto prodiga dose di ghiaccio e ce li ficca in mano. Io bevo, Alessandra riesce a rifiutare e a farsi dare un succo di frutta. Sorseggio il mio drink, rimaniamo un po’ in sala, stabiliamo che le indiane sono più eleganti con i loro sari multicolori di tutti i giorni, quando vanno al mercato o fanno le pulizie, che di quando si mettono eleganti per i matrimoni, e ce ne andiamo alla chetichella. Non finisce lì; nei corridoi, tra vasi di fiori e ghirlande di petali colorati disegnate sui pavimenti, facciamo conoscenza con altri parenti degli sposi e Alessandra finisce fotografata con un signore molto sudato, con un gruppo di damigelle, e così via. In effetti non è la prima volta che partecipiamo come ospiti di prestigio internazionali a matrimoni etnici; avevamo già un simpatico ricordo di un caloroso invito in un paese egiziano, lungo le sponde del Nilo. Amici di altri Paesi, invitateci, comunque. A noi fa sempre piacere.
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AutoreMauro e Alessandra fanno un giretto in India. Aprile 2017. ArchiviCategorie |