Presepe di Villa di Chiavenna - Fino all'Epifania 2024E' sempre un grande piacere tornare a visitare il presepe di Villa di Chiavenna. Avendolo già visto diverse volte (in collocazioni diverse; ora da qualche anno nella parte bassa dei rustici, all'entrata del paese), spira come un'aria di famiglia, è un po' come tornare in un posto dove si conosce un po' tutti. In effetti si ritrovano alcuni tipi che si conoscono già – le donne al lavatoio, l'oste, la mungitrice, i pastori, i vinai all'opera intorno al vecchio torchio, i bambini del paese – eppure c'è sempre qualcosa di nuovo, c'è come l'impressione della vita che scorra, anche nell'immobilità di paese. Quest'anno c'è il gruppo che si è ritrovato e ha messo i vestiti della domenica per fare la foto di famiglia; la signora che abita in alto nella stüa (il locale rivestito di legno per trattenere il calore) si è ammalata ed è venuto il medico a visitarla; i bambini dell'asilo parrocchiale sono tutti fuori a giocare e uno spazzacamino si sta dando da fare su un tetto in cima ad una scala di legno. L'emigrante che qualche anno fa stava partendo con la sua valigia di cartone ormai è andato, e i genitori che lo salutavano dal balcone si saranno ormai rassegnati all'assenza e al rimpianto. E' una vita che va avanti, quella del presepe di Villa di Chiavenna, e nello stesso tempo torna all'indietro, alla vita di montagna com'era ancora qualche anno o qualche decennio fa, con i vecchi mestieri degli uomini, le attività tradizionali, le mense con i cibi semplici del posto (le castagne, il latte, i salami, i formaggi, la polenta), i luoghi della socialità del paese come le scuole o l'osteria, i luoghi di lavoro come il torchio o la stalla, i vecchi abiti come i pantaloni frusti di velluto e di fustagno, i maglioni di lana grezza fatti ai ferri, le giacche pesanti, i cappellacci degli uomini e i fazzoletti sulla testa delle donne. Tutto è allestito con una grande cura, e in molti presumibilmente contribuiscono per trovare i vestiti, gli attrezzi, gli oggetti, i mobili, le suppellettili, in modo che tutto risulti vero, preciso, autentico. E d'altra parte anche tutto all'intorno ricorda i tempi che furono, i rustici di pietra viva, l'acciottolato dei vicoli, i tetti di nera pietra ollare ricoperta di muschio e a volte di neve, le stalle e le case, con le forti porte di legno e i chiavistelli di ferro brunito, e più in là le montagne che circondano il paese e la valle e che tolgono la luce del sole per buona parte dell'inverno, coperte di alberi spogli e più in su di roccia nuda e neve. In mezzo, tutta la vita del paese, con i personaggi più o meno a grandezza naturale, a descrivere la vita che fu, dove l'arrivo di Giuseppe e Maria sembra uno dei tanti eventi del paese, una storia da raccontare tra donne al lavatoio o tra uomini all'osteria, di quei forestieri che si sono fermati qualche giorno in paese - ché lei doveva partorire. Gli unici veramente estranei sono forse i Magi, che risalgono dal fondo valle, con i loro vestiti ricchi ed esotici, e quei grandi animali con le gobbe che arrivano da terre lontane, e che magari qualcuno aveva già visto giù a Chiavenna, quella volta che è passato il circo.
Tutto è fermo, come cristallizzato (a parte qualche gallina vera e ignara chiuse e nei pollai), eppure tutto sembra vivo, e non ci si stupirebbe di sentire all'improvviso risuonare tra le pietre dei rustici le grida allegre dei bambini, le voci delle donne, la cadenza del dialetto, i richiami dei pastori o il belare delle pecore. Invece tutto è silenzioso, ed è difficile beccare quello che, pur avendo girato tanto l'Italia, considero tuttora il mio presepe preferito, il più bello e struggente: le notizia, anche in rete, sono scarne e restie, quasi che ci sia una sorta di reticenza, di pudore a mostrare l'anima del paese, la sua storia materiale, le sue tradizioni, un passato di povertà duro anche se dignitoso. Eppure merita. Per arrivarci bisogna arrivare al confine estremo dell'Italia; dopo Villa di Chiavenna, superato il suo piccolo artificiale, si è subito infatti alla frontiera svizzera, che dall'alto del passo del Maloja, oltre il quale si stende l'altopiano dell'Engadina, con i suoi laghi e località mondane e rinomate come Silvaplana, Sils e Saint-Moritz, scende fin qui lungo la Valle Bregaglia. Da Milano ci si arriva in poco più di un'ora e mezza (traffico permettendo), imboccando la statale 36 che conduce a Chiavenna bordeggiando il lago di Como; poi si devia sulla 37, in leggerissima salita, fino a Villa. Dopo le prime case dei cartelli con la scritta “Presepe” indirizzano a destra, a valle del paese: bisogna lasciare la macchina sulle piazzole lungo la strada e poi scendere a piedi di qualche metro, fino ai rustici tra i quali è ambientato il presepe. Se fate una gita da quelle parti vi consiglio di non perderlo assolutamente, prima o dopo una sosta enogastronomica ai crotti chiavennaschi o della valle... Qui il reportage dell'edizione 2019.
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Un presepe tra i crotti a Villa di Chiavenna |
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Dicembre 2023
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