IDA di Pawel PawlikowskiPolonia, anni ’60. Anna, una giovane suora, scopre di essere in realtà di origine ebrea e di chiamarsi Ida. In compagnia della zia Wanda, sua unica parente in vita, giudice cinica e disincantata, si metterà sulle tracce del suo passato e della sua famiglia sterminata durante il nazismo da chi avrebbe potuto proteggerla. Pawlikowski, acclamato documentarista, firma un’opera raffinata e intensa, sia dal punto di vista visivo che tematico che narrativo. Più che citare evoca con ambientazioni, tempi e fotografia il cinema dell’Est degli anni ’60, e nello stesso tempo i grandi classici del cinema (Dreyer, Bresson) e della pittura. Premendo i personaggi in basso o di lato nell’inquadratura, costruisce un film profondo e complesso, giocato su una serie di opposizioni tematiche (passato e presente, movimento e stasi, fede e laicità, castità e libertinismo, giustizia e corruzione, pietà ed avidità, nazismo e comunismo, ebrei e polacchi, cattolicesimo ed ebraismo), di rispecchiamenti identitari (Anna/Ida, Ida e Wanda, le due donne e i rispettivi fratellini e sorella morti) e di rime narrative binarie (il convento, la casa di Wanda, la fattoria, la sala da ballo, i cimiteri, le sepolture). Dopo tanto dolore, Ida si affaccia per un attimo sul mondo e sulla dolcezza del vivere; ha imparato da Wanda e la tradisce: ora può sacrificarsi sapendo ciò a cui rinuncia.
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AutoreRaggruppo su questa pagina alcuni articoli comparsi su Segnocinema e riguardanti film visti nel 2016 e firmati Mauro Caron. Archivi
Marzo 2023
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