Dove voliamo verso gli Usa, rispondo a sproposito, penso con orrore al cibo messicano, e dove l'albergo è pieno e la città degli angeli è vuota.11 luglio, giorno 1: Sesto San Giovanni, Malpensa, Washington Airport, Los Angeles Il progetto è arrivare a Los Angeles, dove non abbiamo intenzione di fermarci molto, entrare in Messico da San Diego, attraversare in lunghezza la penisola della Bassa California, quindi riguadagnare il continente e discendere con varie tappe fino a Città del Messico, da cui ritorneremo in Italia. Se tutto va bene sommando questo viaggio a quello dell’anno scorso alla fine avremo attraversato via terra il centro America da Los Angeles al Guatemala in latitudine, dalla costa pacifica al Mar del Caraibi dello Yucatan in longitudine. Ci accompagnano all’aereoporto Raffaele e papà. L’aereo parte da Malpensa alle 12.15. A bordo Alessandra chiacchiera col vicino; Mauro invece, quando passa lo steward col pranzo e chiede “Chicken or veal?”, chissà come e perché (mal d’altitudine, emozione di inizio viaggio, scarsa conoscenza effettiva delle lingue straniere?), risponde incongruo ma impavido: “Two Cokes”. Tra l’altro realizzo solo in aereo, con sgomento, che sto per affrontare un altro mese (dopo quello dell’anno scorso, tra Città del Messico, Chiapas, Yucatan e Guatemala) di cibo messicano, pasticciato, piccante, pieno di fagioli, che io non amo. Mi viene la nausea al solo pensiero. Per dire, la mattina vi alzate per andare a fare colazione e capita di vedere persone sedute al tavolo che alle 8 di mattina sbafano bistecche con intingoli e montagne di fagioli mentre sul pavimento sgambettano gli scarafaggi (oddio, forse faccio male a dirlo, e poi a viaggio non ancora iniziato, ma è successo veramente). Ma oramai. Guardo due film: “La stanza di Marvin”, doppiato, e “Absolute Power”, non doppiato, di cui capisco quel che capisco. Siamo a Washington alle 15.30 (che per noi sarebbero le 21), ma partiamo alle 19.15, anziché alle 17.15 come previsto. Atterriamo a Los Angeles alle 21.30. Per noi sono le 6 e mezza del mattino. Usciamo dall’aeroporto, è buio, disdegniamo l’ovvia e facile soluzione di un banale taxi che ci porti in albergo e prendiamo prima lo shuttle gratuito che ci porta al Lot C, poi, dopo aver compulsato orari e tragitti, un bus Big Blue che per 50 cent ci porta fino in Pico Boulevard, e poi un altro (per altri 50 cent) che discende Pico fino all’hotel che abbiamo prenotato da casa. Un’autista nera e corpulenta, impietosita, ci dà indicazioni e forse fa perfino una minuscola deviazione per lasciarci al posto giusto. Los Angeles ci è apparsa finora sotto forma di vialoni vuoti e piuttosto squallidi. Entriamo in albergo, tiriamo fuori le nostre prenotazioni e ci disponiamo ad aspettare fiduciosi che ci venga assegnata la stanza per il meritato riposo. Così non è: la stanza che abbiamo prenotato non c’è più. Overbooking, o, vista l’ora, pensavano che non ci presentassimo più e hanno dato la camera ad altri. E’ così che scopro come per incanto di ricordarmi qualcosa d’inglese (altro che chicken or veal?-two cokes!), sufficiente per intavolare una discussione in cui sostanzialmente ribadisco che abbiamo regolarmente prenotato la stanza, sottolineo che l’abbiamo pure pagata (138 dollari, per la precisione), e insisto sul dire che non ci muoveremo di lì finché non trovano una soluzione “It’s your problem”, sostengo, ma il problema in realtà è nostro, visto che il pensiero di tornare con i nostri bagagli sui boulevard deserti e spopolati mi inorridisce. L’impiegato non sembra particolarmente colpito dalla mia determinazione, ma alla fine fa qualche telefonata e ci trova una camera in un altro Travel Lodge in Santa Monica Blvd. Comincia un’altra discussione perché a quel punto la rivendicazione si orienta sul fatto che sono loro che ci devono portare lì. Siamo in ballo da quasi 24 ore e siamo piuttosto defatigati. Alla fine il socio indiano (“Take it easy”), prende le chiavi della macchina e ci accompagna. Breve tragitto nell’elettrizzante città degli angeli, mortalmente deserta, poi andiamo a dormire, ad un’ora imprecisata della notte, o del mattino, non sapremmo dire di quale giorno.
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
|