LO SCARAFAGGIO (The Cockroach) di Ian McEwanJim Sams (il nome mette già sull'avviso fin dalla prima riga) si sveglia “da sogni inquieti” e si ritrova trasformato in un essere umano; anzi, più che un essere umano: il Primo Ministro Inglese. Sì, perché prima Sams aveva un bell'esoscheletro, ben sei zampe ed era, insomma, per farla breve, uno scarafaggio orgoglioso di esserlo. E' soprattutto in queste prime pagine, nel ribaltamento della Metamorfosi kafkiana, che McEwan rivela il suo consueto virtuosismo, la sua maestra nell'arte del racconto. Perché in generale a dominare ne Lo scarafaggio - più che l'ambizione letteraria, per il bello stile, una trama ben strutturata, personaggi ben delineati, una progressione drammaturgica ben calibrata -, è piuttosto un'amarissima urgenza satirica, un livore razionalistico verso la piega (o la piaga, si potrebbe dire, con un gioco di parole) che ha caratterizzato le vicende della politica inglese negli ultimi anni. E cioè il progetto, “insulso, masochistico, inconcepibile” di uscire dall'Unione Europea. Se lo scarafaggio si trasforma in Primo Ministro, la Brexit si trasforma parodisticamente nel romanzo (o meglio nel pamphlet) di McEwan nell'Inversionismo, un folle e sconclusionato progetto basato sull'inversione dei flussi economici e finanziari, in cui si paga per lavorare, si incassa quando si va a fare la spesa, si hanno interessi negativi lasciando i soldi in banca. Risparmiando ci si impoverisce, bisogna acquistare il più possibile per guadagnare, e con i soldi si possono pagare impieghi sempre migliori, per mantenere i quali bisogna spendere e acquistare sempre di più. Un circolo virtuoso per far girare l'economia o una follia insensata? Bisogna tenere conto che gli scarafaggi si sono trasformati in politici – la premessa avverte che “qualsiasi somiglianza con blatte autentiche, vive o morte che siano, è del tutto accidentale”... - ma conservando mentalità e obiettivi da scarafaggi; il loro sogno e il loro fine ultimo è quello del ritorno tra gli umani di povertà, miseria, sudiciume, squallore, le condizioni in cui loro possono prosperare e tornare agli antichi fasti della loro razza. E sanno anche quali condizioni sono propizie per il raggiungimento dei loro scopi: “la guerra, il riscaldamento globale, l'immobilismo gerarchico, la concentrazione della ricchezza, la superstizione profonda, le notizie infondate, la divisione, la sfiducia nella scienza e nella ragione, la diffidenza verso l'estraneo e la cooperazione sociale”. Cosa ve ne sembra di questo elenco? Manca qualcosa? Vi ricorda qualcosa? Nella novella vediamo all'opera i metodi del Primo-scarafaggio-Ministro: discredito degli oppositori mediante la la macchina del fango che costruisce e diffonde fake news; la creazione arbitraria di un nemico esterno (in questo caso la Francia), deformando e strumentalizzando i fatti; la ricerca di alleanze esterne. Proprio a quest'ultimo aspetto è riservato uno dei brani più sapidi del libro, là dove viene analizzato un tweet (tipicamente trumpiano) del Presidente americano, che, prendendo posizione a favore degli inglesi contro i francesi in una controversia strumentale e creata ad arte, conclude, rivolgendosi al suo omologo francese, con: “CATTIVO!”. Chiosa il narratore, identificandosi con il pensiero di Sams: “il giudizio conclusivo era puerile, categorico, memorabile e metricamente perfetto. E la finezza di quel maiuscolo finale, l'efficacia laconica del punto esclamativo! Dalla terra degli uomini liberi, ecco arrivare una lezione di libertà di pensiero”... Economisti, scienziati, parlamentari europei (che prima discutono se l'Inversionismo sia un'eccezione alla seconda legge della termodinamica, poi, esausti, passano a discutere animatamente sul tema del gelato moldavo) sono egualmente sbeffeggiati in questa satira acre, che mette presto sullo sfondo Kafka per prendere invece a modello la Modesta proposta (per impedire che i bambini della povera gente siano di peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli utili alla comunità) capolavoro satirico di Jonathan Swift, lo scrittore irlandese (creatore delle altrettanto satiriche Avventure di Gulliver) che nel 1729 discettava dei benefici economici e morali che si sarebbero ottenuti allevando i bambini degli irlandesi poveri fino all'età di un anno, per poi venderli ai ricchi inglesi a scopo alimentare. Temendo di non essere stato abbastanza chiaro, McEwan ribadisce ancora nell'appassionata Postfazione la sua avversione contro tutti i populismi, che oggi prosperano in tutti i continenti e in alcuni dei più potenti Paesi del mondo, fondati su “sfrenata irrazionalità, ostilità verso lo straniero, rifiuto di un'analisi seria della realtà, diffidenza nei confronti degli 'esperti', ribalda parzialità a favore della propria nazione, appassionata fiducia nelle soluzioni facili, nostalgia per certe forme di 'purezza' culturale, più un manipolo di politici senza scrupoli pronti a sfruttare tutte queste pulsioni”. Di nuovo, non vi fa suona un campanellino nella testa? Le righe finali della postfazione sono quasi profetiche: “Il populismo, ignaro della sua stessa ignoranza, tra farfugliamenti di sangue e suolo, assurdi principi nativistici e drammatica indifferenza al problema dei cambiamenti climatici, potrebbe in futuro evocare altri mostri, alcuni dei quali assai più violenti e nefasti della Brexit”. In attesa di questi nuovi mostri, è intanto difficile non notare come, di nuovo, in questi tempi di pandemia dilagante, populismo e negazionismo (come ad esempio negli Stati Uniti di Trump o nel Brasile di Bolsonaro) vadano a braccetto cantando allegramente e sfrontatamente i propri inni nazionalistici e trascinando tutti verso l'orlo dell'abisso. McEwan chiude con un doveroso appello alla speranza nella forza della ragione contro “lo spirito dello scarafaggio”. Ma, paradossalmente, con una punta forse di eccessivo ottimismo quando dice “se la ragione non apre gli occhi e non si decide a riprendere il sopravvento, potremmo doverci affidare al conforto della risata”. Per ora, in tempi di Covid, più che al conforto della risata dobbiamo affidarci allo sfogo del pianto, e l'unica speranza che ci è permessa è che ci bastino gli occhi per piangere.
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AutoreMauro Caron possiede, tra i suoi molti talenti, quello della culturagenerale. Tra gli altri suoi pregi, è superficiale, non sa parlare in pubblico (intendendosi per pubblico assembramenti di persone da una in su) - ecco perché la scelta del blog -, è pigro ed incostante - ecco perché il blog non durerà. Archivi
Aprile 2024
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