Come ho già raccontato, le nostre compagne hanno ballato in un tempio insieme a donne indiane in sari. I templi che visitiamo (tra cui uno rarissimo dedicato a Brahma a Pushkar) sono comunque relativamente sobri paragonati a quelli indù visti a Mauritius e a Singapore, coperti di sculture kitsch dipinte (con un effetto per noi un po’ luna-park) con i colori più vivaci e squillanti.
Le moschee e i principi della religione islamica ci sono un po’ più famigliari. Visitiamo la grande moschea di Dehli, a cielo aperto, e una moschea a Fatehpur Sikri (una città monumentale abbandonata ma ben conservata e tutelata dall’Unesco), che vanta una delle porte più grandi dell’India. Qui entro da solo nel cortile, mentre il gruppo si ferma all’esterno, e vengo tampinato da un tipo che si propone come guida, e da un bambino che vuole vendermi una bustina di plastica con dentro degli elefantini di legno dipinti. Mi segue tutto il tempo, dai piedi della lunga scalinata che sale alla porta, avvertendomi ad ogni gradino di stare attento a non inciampare; poi nella moschea; poi sulla scalinata in discesa, dove spesso ricambio le attenzioni avvertendolo di non inciampare, mentre lui recita la sua martellante litania di piccolo venditore ostinato; infine lungo la strada che percorriamo a piedi per tornare al pulmino. Alla fine gli elefantini glieli compro, ormai è un obbligo morale. Il giorno dopo vedo una foto su un giornale indiano, con delle fiamme. Non capisco una sola lettera e così per dire chiedo alla nostra guida cosa è successo. Lui mi racconta che c’è stato un incidente tra indù e mussulmani, proprio a Fatehpur Sikri, il giorno prima del nostro arrivo (!). Mi racconta anche le circostanze, che sarebbero però tutte da verificare. In effetti era stato l’unico luogo dove l’avevamo visto un po’ teso e aveva anche preso in considerazione l’ipotesi di saltare la tappa. Tra indù e mussulmani le tensioni sono costanti. La nostra guida non ama gli islamici e sostiene che hanno dei progetti di invasione basati sull’espansione demografica. Cosa volete che gli dica. Qualche problemino ce l’abbiamo anche noi in Occidente. Il fratello di Alessandra ci raccontava prima della partenza che l’attuale presidente sta usando il pugno di ferro contro i mussulmani. Alla nostra guida invece il presidente piace; perché non è un corrotto, dice. A noi piacerebbe che le religioni potessero convivere in pace, anzi, che venissero superate del tutto (anche se siamo sensibili al fascino folkloristico e pittoresco, e alle testimonianze artistiche ad esse legate) e che comunque non costituissero mai più l’alibi per esercitare la violenza di uomini su altri uomini. O su donne. O su bambini. O su bambine. Mentre scrivo queste righe sono passati pochi giorni dall’attentato di Manchester al concerto di Ariana Grande; una comitiva di cristiani copti, con numerosi bambini, è stata sterminata nel deserto egiziano; a Kabul ieri quasi 100 morti per un autobomba, al principio del Ramadan; nelle Filippine l’Isis guadagna terreno; nel Mediterraneo i bambini affogano in mare. Ma qui forse la religione non c’entra. E’ un mondo difficile. Maledizione.
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AutoreMauro e Alessandra fanno un giretto in India. Aprile 2017. ArchiviCategorie |